DELEGATI DEI MINISTRI |
Documenti CM |
CM(2024)32-add2final |
7 maggio 2024 |
1494° riunione, 5 aprile 2024 10 Questioni giuridiche
10.3 Comitato europeo per i problemi criminali (CDPC) b. Raccomandazione CM/Rec(2024)4 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla lotta contro i crimini d’odio Motivazioni |
Introduzione
1. I crimini d'odio sono una forma di criminalità particolarmente grave. Interferisce con la sicurezza degli individui e dei gruppi che ne sono bersaglio, mina i principi di uguaglianza e dignità umana garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”) e distrugge i valori democratici, la stabilità sociale e la pace, minacciando così la base stessa delle società democratiche e dello Stato di diritto. Combattere e prevenire i crimini d'odio è una sfida: sia il concetto che l’entità del problema sono difficili da definire. Non esiste una definizione vincolante a livello internazionale dei crimini d'odio. Inoltre, non sono sufficientemente segnalati dalle vittime e, quando lo sono, possono non essere registrati distintamente come crimini d'odio. La registrazione, la raccolta dei dati e le risposte ai crimini d'odio possono differire notevolmente tra gli Stati membri, per cui le statistiche ufficiali a livello nazionale potrebbero non riflettere la realtà della prevalenza dei crimini d'odio.
2. I crimini d'odio sono commessi a causa della convinzione, da parte dell'autore, che il bersaglio rappresenti “l'altro”, ovvero che la vittima rappresenti un gruppo di persone diverse, non meritevoli di far parte della società o ad essa non gradite. I crimini d'odio sono il prodotto di pregiudizi sociali e individuali, in cui un atto criminale è tipicamente perpetrato non a causa dell’identità di una persona, ma piuttosto di cosa o chi essa rappresenta per l'autore del crimine. I crimini d'odio possono verificarsi occasionalmente o regolarmente. Affrontare e respingere questi pregiudizi radicati e talvolta ampiamente diffusi, sia a livello individuale che nell'intera società, richiede una risposta complessa e diversificata. La presente Raccomandazione invita pertanto gli Stati membri ad adottare un approccio globale alla prevenzione e alla lotta contro i crimini d'odio, nonché alla protezione, al sostegno e alla responsabilizzazione delle vittime di tali crimini.
3. La presente Raccomandazione riconosce che individui e gruppi possono essere bersaglio di crimini d'odio per motivi diversi o intersezionali, e che tali persone e gruppi necessitano di una protezione e di un sostegno speciali per garantire il loro effettivo accesso alla giustizia. Riconosce inoltre che l'odio si manifesta con diversi gradi di gravità e che il verificarsi di crimini d'odio può essere una conseguenza diretta dell'escalation del discorso d'odio. Il preambolo fa riferimento direttamente alla pertinenza della precedente Raccomandazione CM/Rec(2022)16 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla lotta contro i discorsi d'odio per l'attuazione delle strategie proposte nella presente Raccomandazione. Le forme di discorso d'odio che, data la loro gravità, dovrebbero comportare una responsabilità penale conformemente alle condizioni specificate nella Raccomandazione CM/Rec(2022)16 dovrebbero essere considerate crimini d'odio anche ai fini del presente strumento. Si fa riferimento in particolare ai paragrafi 11 e 12 della Raccomandazione CM/Rec(2022)16.
4. I diritti della vittima, le sue esigenze ed i suoi punti di vista particolari, dovrebbero rimanere al centro della risposta ai crimini d'odio. Pur riconoscendo la capacità del sistema di giustizia penale di affrontare i crimini d'odio, questa Raccomandazione invita gli Stati membri a rispettare i principi di legalità e di proporzionalità e riconosce il potenziale della giustizia riparativa come strumento per affrontare i danni causati dai crimini d'odio e prevenire futuri reati.
5. Nella prevenzione e nella lotta contro i crimini d'odio devono essere coinvolti molti attori diversi. Essi comprendono: enti pubblici, compresi gli organi eletti e le autorità a livello federale, regionale e locale, i loro rappresentanti ed il loro personale, in particolare nei settori dell'istruzione, della regolamentazione dei media, delle forze dell'ordine e del potere giudiziario, le istituzioni nazionali per i diritti umani e gli organismi per la parità, nonché altre parti interessate come i partiti politici, le personalità pubbliche, gli intermediari di Internet, i media pubblici o privati, compresi i media commerciali, locali e di minoranza, associazioni professionali, organizzazioni della società civile, in particolare quelle che lavorano con i gruppi minoritari, individui e gruppi a rischio di crimini d'odio, vittime di crimini d'odio, difensori dei diritti umani, esponenti di gruppi religiosi, rappresentanti di gruppi minoritari e altri gruppi, parti sociali, università e istituti di ricerca. La Raccomandazione intende guidare gli Stati membri e tutte le parti interessate nell’elaborazione di politiche, strategie e piani d'azione globali per prevenire e combattere efficacemente i crimini d'odio.
6. La presente Raccomandazione è stata elaborata dal Comitato di esperti per la lotta ai crimini d'odio (PC/ADI-CH), istituito come organo subordinato al Comitato direttivo sull’antidiscriminazione, la diversità e l'inclusione (CDADI) e al Comitato europeo per i problemi criminali (CDPC). In linea con il suo mandato, la Raccomandazione si basa sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (“la Corte”) che, ai sensi dell'articolo 32 della Convenzione, è competente in ultima istanza per interpretare ed applicare la Convenzione ed i suoi Protocolli attraverso la sua giurisprudenza. Le sue sentenze non servono solo a dirimere le cause portate dinanzi alla Corte ma, più in generale, a chiarire, salvaguardare e sviluppare le norme istituite dalla Convenzione, contribuendo così, in linea con l'articolo 19, al rispetto da parte degli Stati membri degli impegni assunti in qualità di Parti contraenti (Irlanda c. Regno Unito, n. 5310/71, 18 gennaio 1978, § 154). La Raccomandazione integra i pertinenti strumenti esistenti del Consiglio d'Europa, tra cui la RaccomandazioneCM/Rec(2022)16sulla lotta contro i discorsi d'odio e la RaccomandazioneCM/Rec(2019)1del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla prevenzione e la lotta contro il sessismo.
7. I principi e le linee guida che seguono sono organizzati in 12 capitoli. Ciascun capitolo presenta le misure pertinenti che si raccomanda agli Stati membri e agli altri attori interessati di adottare per prevenire e combattere i crimini d'odio, al fine di adempiere ai loro doveri e alle loro responsabilità ai sensi della Convenzione. L'attuazione di questi principi e linee guida garantisce la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in particolare quelli previsti dagli articoli 2, 3, 6, 7, 8, 10, 13 e 14 della Convenzione, dall'Articolo 1 del Protocollo n. 1 e dall'articolo 1 del Protocollo n. 12, nel pieno rispetto del principio dello Stato di diritto e degli obblighi positivi che spettano agli Stati membri a tale riguardo. La sua rapida e piena attuazione dovrebbe essere regolarmente riesaminata.
Portata, definizione e approccio
Sul paragrafo 1
8. La Raccomandazione è volta ad aiutare gli Stati membri a combattere i crimini d'odio in modo globale. Contiene misure giuridiche e non giuridiche per affrontare non solo i crimini d'odio online e offline, ma anche le loro cause. Riconosce la necessità di un approccio collaborativo e delinea i mezzi chiave con cui i partner e le parti interessate, in particolare la società civile, possono contribuire a costruire la fiducia nel sistema.
9. La Raccomandazione considera i crimini d'odio come parte di un continuum di odio, che va dalla stigmatizzazione quotidiana e le manifestazioni di intolleranza, dagli abusi verbali e le micro-aggressioni alla discriminazione, ai discorsi d'odio, alla violenza e ai crimini d'odio, fino al terrorismo o al genocidio, riconoscendo che i discorsi d'odio come gli abusi verbali possono costituire crimini d'odio. Pertanto, nel combattere i discorsi d'odio, è altrettanto possibile contribuire a prevenire e combattere i crimini d'odio e viceversa. La Raccomandazione e le Motivazioni completano quindi laCM/Rec(2022)16sulla lotta contro i discorsi d'odio.
10. Di conseguenza, e per quanto riguarda la criminalizzazione dei discorsi d'odio, le disposizioni del presente strumento sono state redatte in armonia con l'approccio definito nella precedente Raccomandazione e devono essere lette alla luce di quest'ultima. Detto questo, l'attenzione della presente Raccomandazione si concentra sul modo in cui le autorità dovrebbero trattare la commissione o il tentativo di commissione di un reato, tipicamente contro la persona o la proprietà, in presenza di un elemento di odio (si vedano inoltre i paragrafi 14-17). È possibile che la prova dell'elemento di odio derivi da forme di espressione precedenti o contemporanee utilizzate dall'autore del reato nei confronti della vittima o delle vittime. Nel caso in cui le autorità intendano indagare e perseguire i presunti autori anche per il reato di discorso d’odio, occorre tenere conto dei principi contenuti nella RaccomandazioneCM/Rec(2022)16.
Sul paragrafo 2
11. A livello europeo e internazionale, i crimini d'odio sono più spesso descritti che definiti. In molte circostanze, la descrizione si limita a capire il crimine d'odio attraverso un particolare modello giuridico, o comunque evidenzia le particolarità di ciò che il sistema giuridico deve fare per affrontare il crimine d'odio piuttosto che definirlo come termine. Analogamente, alcuni adottano un approccio ampio che include il discorso dell'odio incriminato, mentre altri adottano una visione più ristretta che limita la comprensione del crimine d'odio ai soli reati penali esistenti commessi con un elemento aggiuntivo di odio. Può anche essere concettualmente impegnativo definire i limiti di un crimine d'odio, cioè distinto dagli atti di terrorismo e di estremismo violento, dai crimini di guerra, dal genocidio e da altri crimini internazionali che si situano anch'essi sul continuum o sullo spettro dell'odio. In alcuni casi, l'elemento dell'odio, come definito in senso lato nella Raccomandazione, sarebbe presente anche in questi crimini, che potrebbero quindi rientrare nell'ambito della Raccomandazione. Tuttavia, se da un lato questo strumento si propone di essere esaustivo, dall'altro le sue raccomandazioni non intendono e non devono essere intese come una risposta alle esigenze e alle sfide specifiche che si presentano nel contesto di questi crimini. Occorre fare riferimento a quadri giuridici più specifici, in particolare a livello europeo e internazionale, che si applicano a questi gruppi di reati, anche per quanto riguarda la cooperazione internazionale, la giustizia penale e l'applicazione della legge, la prevenzione, i diritti delle vittime ed il monitoraggio.
12. Per quanto riguarda le norme internazionali relative ai crimini d'odio, si può attingere ad alcuni strumenti chiave. L'articolo 4 dellaConvenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razzialeimpone agli Stati parte di dichiarare reato punibile per legge “qualsiasi diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, l'incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza o incitamento a tali atti contro qualsiasi razza o gruppo di persone di altro colore o origine etnica”. L'articolo 4 dellaDecisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio dell'Unione Europea, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale, impone agli Stati membritra l’altro di“garantire che la motivazione razzista e xenofoba sia considerata una circostanza aggravante” ed il suo Articolo 1 stabilisce una serie di reati - che in gran parte costituiscono discorsi d'odio da criminalizzare – di cui gli Stati membri devono garantire la punibilità. Le Motivazionidel Comitato Direttivo per i Diritti dell’uomo (CDDH) sulla RaccomandazioneCM/Rec(2010)5del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle misure per combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere afferma che i crimini d'odio “sono crimini commessi a causa dell'effettiva o presunta appartenenza della vittima a un determinato gruppo...”. Il paragrafo 21 dellaRaccomandazione di Politica Generale n. 7 della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI)raccomanda che la legislazione nazionale preveda che “la motivazione razzista costituisce una circostanza aggravante”, mentre i paragrafi 18 sul discorso dell'odio e 19 sul genocidio specificano una serie di atti che dovrebbero essere ugualmente puniti dal diritto penale. LaDichiarazione di Kyoto sulla promozione della prevenzione del crimine, della giustizia penale e dello Stato di diritto A/CONF.234/L.6.riconosce il crimine d'odio come una “forma di crimine nuova, emergente e in evoluzione”, impegnando gli Stati parte a sviluppare “strategie efficaci, anche rafforzando la capacità dei professionisti della giustizia penale, per prevenire, indagare e perseguire i crimini d'odio, nonché aiutare efficacemente le vittime ed i gruppi di vittime per costruire la fiducia pubblica nel momento in cui si impegnano con le autorità di contrasto a denunciare tali crimini”.
13. La giurisprudenza della Corte in materia di crimini d'odio deriva principalmente da ricorsi presentati ai sensi degli articoli 2, 3, 6, 8 e 14 della Convenzione. La Corte non impone definizioni del “crimine d'odio”, anche se lo descrive variamente come un “intenzionale motivo discriminatorio” (B.V. c Croazia,n. 38435/13, 15 dicembre 2015); “maltrattamenti a sfondo razziale”, “crimini a sfondo razziale”, “violenza a sfondo razziale”, “violenza e brutalità indotte da motivi razziali”, e casi che hanno “connotazioni razziste” (Balázs c. Ungheria,n. 15529/12, 20 ottobre 2015); “episodi violenti innescati da sospetti atteggiamenti razzisti” e “motivi razzisti” (Škorjanec c. Croazia,n. 25536/14, 28 marzo 2017); “toni razzisti”, “maltrattamenti” e, più recentemente, “motivi discriminatori”, “violenza discriminatoria” e “crimini motivati dall'odio” (causa diWomen's Initiatives Supporting Group e altri c. Georgia,nn. 73204/13 e 74959/13, 16 dicembre 2021). Nel casoSabalić c. Croazia, n.50231/13, 14 gennaio 2021, la Corte ha osservato che i crimini d'odio comprendono “non solo gli atti basati esclusivamente sulle caratteristiche della vittima... gli autori possono avere motivazioni miste, essendo influenzati da fattori situazionali altrettanto o più forti del loro atteggiamento prevenuto nei confronti del gruppo a cui la vittima appartiene” (si veda ancheNachova v. Bulgaria, nn. 43577/98 e 43579/98, 6 luglio 2005;Škorjanec v. Croazia, 2017).
14. La definizione centrale di crimine d'odio contenuta nella Raccomandazione riflette l'interpretazione comune secondo cui i crimini d'odio sono una categoria di reati che comportano odio, pregiudizio o parzialità legati alle caratteristiche personali (effettive o percepite) o alla situazione della vittima. La Raccomandazione utilizza il termine “elemento d'odio” come termine generale per essere coerente con una serie di approcci nazionali e internazionali. In particolare, la definizione intende essere compatibile con l'approccio ampiamente adottato dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), che nella sua Decisione n. 9/09 definisce i crimini d'odio come “reati penali commessi con un movente di pregiudizio”, laddove il reato esiste già nel diritto penale ordinario di quella giurisdizione.
15. La Raccomandazione lascia agli Stati membri la discrezionalità di legiferare contro l'odio oggetto di sanzioni penali in conformità con i principi pertinenti, come i principi di legalità e proporzionalità. Nel considerare quali modelli legislativi possono essere introdotti a livello statutario ed i mezzi con cui il diritto penale può produrre risposte conformi alla Convenzione, il paragrafo 2 deve essere letto congiuntamente con i paragrafi 17 e 18 della Raccomandazione.
16. L'ampia definizione di crimine d'odio è volta a garantire che non vi siano ambiguità. Mentre alcune organizzazioni e Stati membri utilizzano il termine “motivazione di parte” come quadro operativo per i crimini d'odio, il termine “elemento di odio” utilizzato nella definizione è più ampio e comprende non solo il modello dell'animus, che utilizza la motivazione come criterio giuridico, ma anche il modello della selezione discriminatoria. Il modello di selezione discriminatoria (o “selezione di gruppo”) prevede che l'autore del reato abbia intenzionalmente scelto la sua vittima dal gruppo protetto, ma a differenza del modello dell'animus, non è necessaria la prova di pregiudizio, preconcetto, ostilità o odio per stabilire formalmente la responsabilità. Pertanto, il termine “elemento di odio” garantisce che la legislazione sui crimini d'odio basata sul modello dell'animus e quella basata sul modello della selezione discriminatoria siano integrate nella definizione. Per quanto riguarda il diritto penale, in linea con i paragrafi 17 e 18 della Raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero affrontare i crimini d'odio in conformità con i requisiti dell'articolo 7 della Convenzione adottando i diversi modelli che integrano l'elemento d'odio nel loro diritto interno.
17. La Raccomandazione definisce il termine “odio” in senso lato, includendo pregiudizi, preconcetti e disprezzo. Questa definizione non esclude l'uso di termini equivalenti come “ostilità” o “intolleranza” in conformità con la legislazione nazionale pertinente. Se da un lato i termini utilizzati possono essere interpretati come espressione di “odio, pregiudizio o parzialità”, dall'altro non dovrebbero essere interpretati in modo eccessivamente ampio da includere, senza alcun collegamento con le caratteristiche personali o la situazione della vittima o di altri, ad esempio, dispute o conflitti personali, o attività criminali prevalentemente motivate da una generale ostilità nei confronti di altri esseri umani, così come reati con interessi principalmente finanziari o economici. Tuttavia, ciò non significa che la motivazione alla base di un crimine d'odio sia completamente separata da altri interessi, o che le motivazioni individuali siano singolari. Un autore di crimini d'odio può non avere sentimenti negativi nei confronti della singola vittima, ma può agire a causa di sentimenti ostili nei confronti del gruppo o dell'identità a cui il bersaglio appartiene, o anche più in generale nei confronti di tutte le persone che non condividono l'identità dell'autore. Inoltre, gli autori possono anche commettere reati contro individui o luoghi perché ritengono che la vittima o le vittime siano rappresentative di una politica, di un ideale o di un principio legato ad una caratteristica o ad una situazione personali, come la parità di genere, l'immigrazione, la diversità o un certo orientamento sessuale o identità di genere.
18. Per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte, basata sull'articolo 14 della Convenzione, il termine crimine d'odio è stato applicato nel tempo ad una serie di caratteristiche. La prima giurisprudenza si è concentrata sui crimini d'odio diretti contro la religione, l'etnia o l'identità razziale della vittima (Nachova c. Bulgaria, 2005;Milanović c. Serbia, n. 44614/07, 14 dicembre 2010) con una serie di casi che evidenziano il trattamento particolarmente inadeguato dei Rom da parte delle autorità statali (Balogh c. Ungheria, n. 36630/11, 9 febbraio 2016;Lakatošová e Lakatošc.Slovacchia, n. 655/16, 11 dicembre 2018). La Corte ha anche affrontato una serie di casi riguardanti la violenza domestica ai sensi degli articoli 2 e 3, in combinato disposto con l'articolo 14, in cui ha considerato la violenza domestica come una forma di violenza di genere (Opuz c. Turchian.33401/02,9 giugno 2009,Tkhelidze c. Georgian. 33056/17, 8 luglio 2021;Talpis c. Italiano. 41237/14, 2 marzo 2017, tra le altre). InIdentoba c. Georgian. 73235/12, 12 maggio 2015 eAghdgomelashvili e Japaridze c. Georgian. 7224/11, 8 ottobre 2020, la Corte ha ritenuto che obblighi simili si applicassero rispettivamente nel contesto della violenza omofobica e transfobica.
19. Le caratteristiche personali di cui al paragrafo 2 della Raccomandazione seguono in larga misura la lista comparabile contenuta nel paragrafo 2 della RaccomandazioneCM/Rec(2022)16sulla lotta contro i discorsi d'odio. Sono state apportate ulteriori modifiche per quanto riguarda il “genere”, l'“espressione di genere” e le “caratteristiche sessuali”, che sono stati inclusi come motivi a sé stanti per integrare i motivi di “sesso”, “identità di genere” e “orientamento sessuale” nella RaccomandazioneCM/Rec(2022)16. Queste inclusioni sono in linea con la giurisprudenza della Corte (si veda, ad esempio, Y c. Francia, n. 76888/17, 31 gennaio 2023, nonché Semenya c. Svizzera, n. 10934/21, 11 luglio 2023, in cui la Corte afferma esplicitamente che le “caratteristiche sessuali” sono coperte dal termine “sesso” nell'articolo 14) e da alcune tendenze del diritto internazionale (si veda, ad esempio, la Risoluzione2417(2022)dell'Assemblea parlamentare sul contrasto all'odio crescente nei confronti delle persone LGBTI in Europa; i principi di Yogakarta; laStrategia dell'Unione europea per l'uguaglianza LGBTIQ 2020-2025; e laDirettiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio (“Direttiva sui diritti delle vittime”). Inoltre, ciò riflette le norme del Consiglio d'Europa per trattare la discriminazione basata sul sesso e sul genere espressa sotto forma di crimini d'odio sessisti, come indicato nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri (2019)1 sulla prevenzione e la lotta contro il sessismo (cfr. il Preambolo ed i paragrafi I.A.1, I.A.10, II.B.1, II.C.3, II.F.2, II.H.3).
20. Le caratteristiche personali identificate nella Raccomandazione non sono considerate un elenco chiuso, ma sono piuttosto intese a guidare gli Stati membri sulle caratteristiche che sono state identificate come importanti per combattere in modo globale i crimini d'odio. L'elenco è aperto per consentire agli Stati membri di aggiungere ulteriori motivi. L'elenco aperto consente di adattare le risposte ai crimini d'odio in base all'evoluzione della società.La definizione fornita nella Raccomandazione deve essere interpretata in linea con la natura evolutiva dei diritti della Convenzione, in particolare dell'articolo 14. Sebbene in alcuni casi tali reati possano essere trattati nell'ambito di una legislazione specifica che si occupa, ad esempio, della violenza di genere o della violenza domestica, l'elenco delle caratteristiche personali è stato delineato per fornire il più ampio margine di protezione. La Corte ha fornito alcune indicazioni su questo punto, precisando che esistono alcuni limiti all’ampiezza della legislazione sui crimini d'odio. InSavva Terentyev c. Russian. 10692/09, 28 agosto 2018, in cui il tribunale nazionale aveva interpretato la legislazione sui crimini d'odio per includere gli agenti di polizia nel suo ambito di applicazione, la Corte ha osservato che, nel valutare se un gruppo debba rientrare nel quadro di tali leggi, ci si dovrebbe chiedere se il gruppo sia “una minoranza non protetta o un gruppo che ha una storia di oppressione o disuguaglianza, o che affronta pregiudizi radicati, ostilità e discriminazione, o che è vulnerabile per qualche altra ragione, e quindi può, in linea di principio, avere bisogno di una maggiore protezione dagli attacchi” (§ 76).
21. L'uso del termine “caratteristiche o situazioni personali effettive o percepite” (o “reali o attribuite”) si riferisce ai casi in cui l'autore di un crimine d'odio può sbagliarsi o essere confuso sull'identità, le caratteristiche o la situazione effettivi della vittima, ma li percepisce in un modo particolare. In tal caso, anche se l'elemento di odio viene erroneamente attribuito alla vittima, la presenza di tale elemento di odio qualificherebbe il reato come crimine d'odio. La Corte, nella causaŠkorjanec c. Croaziadel 2017, ha ritenuto che gli obblighi della Convenzione in merito alla ricerca di un legame tra atteggiamenti razzisti e violenza sussistano “non solo per quanto riguarda gli atti di violenza basati sulla situazione o sulle caratteristiche personali effettive o percepite della vittima, ma anche per quanto riguarda gli atti di violenza basati sull'associazione o sull'affiliazione effettiva o percepita della vittima con un'altra persona che possiede effettivamente o presumibilmente uno status particolare o una caratteristica protetta”. L'affiliazione con una persona o un gruppo che possiede o si percepisce possegga uno status o una caratteristica particolare è quindi contemplata anche nell'ambito della Raccomandazione. Gli status mutevoli richiedono particolare attenzione, ad esempio, quando un individuo si trova in un luogo di detenzione o lavora in un settore irregolare.
Sul paragrafo 3
22. È riconosciuto che le esperienze di coloro che vengono presi di mira dai crimini d'odio non si limitano necessariamente ad un singolo aspetto della loro identità, ma possono essere intese come operanti su basi multiple e intersecanti, nonché attraverso l'interconnessione di gruppi diversi e situati in sistemi di discriminazione e dominazione che si costituiscono e si sovrappongono reciprocamente. In vari casi, anche la Corte ha tenuto conto di considerazioni intersettoriali, in particolare inB.S. c. Spagna, n.47159/08,24 luglio 2012, in cui la Corte ha sottolineato l'importanza di indagare efficacemente i molteplici aspetti del reclamo del ricorrente relativo alla discriminazione percepita sia per motivi di razza che di genere. Il paragrafo 3 della Raccomandazione riconosce e facilita gli sforzi per affrontare le esperienze di vittimizzazione intersezionale dei crimini d'odio. Si tratta di una componente fondamentale del modo in cui la Raccomandazione dovrebbe essere intesa e attuata. Di conseguenza, quando nella Raccomandazione si fa riferimento al sostegno, alla formazione e ai processi, questi devono essere interpretati come una risposta agli impatti dei crimini subiti su base intersezionale, riconoscendo la natura cumulativa della vittimizzazione ed i bisogni ed i diritti delle vittime che subiscono crimini su tale base, e resi operativi su questa base.
23. Negli ultimi anni gli approcci intersezionali sono stati riconosciuti come una norma essenziale in vari documenti e strumenti del Consiglio d'Europa, anche se non tutti gli Stati membri utilizzano tale termine nella loro legislazione nazionale. Ad esempio, la RaccomandazioneCM/Rec(2019)1del Comitato dei Ministri sulla prevenzione e la lotta contro il sessismo sottolinea che le donne e le ragazze possono essere soggette a forme molteplici e intersecanti di discriminazione e sessismo, compresi i discorsi di odio sessista. Queste ultime esperienze di vittimizzazione, tenuto conto dell'impatto dell'intersezionalità, possono a loro volta portare ad un'ulteriore emarginazione sia all'interno della società sia attraverso le risposte dello Stato e della società civile ai crimini d'odio, come riconosciuto nellaRaccomandazione di Politica Generale (RPG) n. 2 dell'ECRI sugli organismi per la promozione dell’uguaglianza incaricati di combattere il razzismo e l'intolleranza a livello nazionale, in cui l'ECRI ha ritenuto che il mandato degli organismi per la parità dovrebbe coprire anche la discriminazione intersezionale, nellaRPG n. 5 (riveduta) sulla prevenzione e la lotta contro il razzismo e la discriminazione nei confronti dei musulmani e nellaRPG n. 9 (riveduta) sulla prevenzione e la lotta all'antisemitismo. L'ECRI ha utilizzato un approccio intersezionale nei suoi lavori di monitoraggio per Paese, che ha evidenziato le vulnerabilità specifiche vissute, ad esempio, dalle donne Rom, dai neri o dalle donne musulmane, così come nelle sue nuove norme, come nella RPG n. 5 (riveduta) sulla prevenzione e la lotta contro il razzismo e la discriminazione nei confronti dei musulmani e nella RPG n. 9 (riveduta) sulla prevenzione e la lotta all'antisemitismo.La RPG n. 14 sulla lotta al razzismo e alla discriminazione razziale nel mondo del lavoro contiene anche una definizione di intersezionalità nelle sue motivazioni e la RPGn.17 sulla prevenzione e la lotta contro l'intolleranza e la discriminazione nei confronti delle persone LGBTIè fortemente incentrata sull'intersezionalità.
Sul paragrafo 4
24. Il paragrafo 4 illustra in dettaglio i vari campi d’azione che si raccomanda agli Stati membri di prendere in considerazione nell’elaborazione e nell'attuazione di politiche, legislazioni, strategie o piani d'azione contro i crimini d'odio.
25. La Raccomandazione sottolinea l'importanza di capire che i crimini d'odio possono verificarsi sia online che offline e che spesso i confini giuridici e pratici tra i due sono molto poco chiari. Negli Stati membri del Consiglio d'Europa si sta formando una giurisprudenza sempre più ampia sui danni e sulle attività criminali online, che possono essere indagati e perseguiti come crimini d'odio se è presente l'elemento dell'odio. Inoltre, in un numero crescente di cause penali, le prove digitali possono essere cruciali per capire il contesto e l'intenzione di un presunto autore nella commissione di un particolare crimine d'odio (si noti l'importanza del Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica relativo alla cooperazione rafforzata e alla circolazione di prove elettroniche (STCE n. 224).
26. La Raccomandazione incoraggia gli Stati membri a sviluppare un approccio multi-agenzie, intersettoriale e proattivo a livello statale per contrastare e combattere i crimini d'odio. Sebbene sia importante che vi sia una criminalizzazione efficace e proporzionata e una risposta della giustizia penale ai crimini d'odio, queste non dovrebbero essere isolate, ma piuttosto operare in tandem con una serie di politiche di prevenzione e risposta ai crimini d'odio. Tali approcci devono essere basati su prove e devono essere applicati e sostenuti da misure di attuazione chiaramente stabilite. Dovrebbero essere stanziate risorse umane e finanziarie adeguate per l'attuazione di qualsiasi politica ritenuta necessaria, anche sostenendo e finanziando idoneamente le organizzazioni della società civile interessate.
27. Nell’elaborazione di politiche, strategie o piani d'azione per prevenire e combattere i crimini d'odio, gli Stati membri dovrebbero coinvolgere e consultare tutte le parti interessate, comprese, ad esempio, le organizzazioni rappresentative della società civile che dovrebbero essere coinvolte nel processo fin dalle prime fasi, se possibile, per contribuire a porre al centro del processo le esperienze e le esigenze delle persone prese di mira. Sebbene alcuni Stati membri possano scegliere di perseguire una strategia in materia di crimini d'odio che rientri in uno sforzo più ampio di lotta contro l'odio, è importante che gli Stati membri si assicurino che tali strategie e piani d'azione siano efficaci, vale a dire che abbiano scadenze temporali, obiettivi chiari, traguardi, indicatori e linee di responsabilità, e che includano le parti interessate. Questi mezzi e misure dovrebbero anche basarsi, se necessario, su approcci che tengano conto delle questioni di genere e dell’intersezionalità.
28. In questo contesto, la RPG 4 dell'ECRI sulle indagini nazionali per determinare come viene vissuta e percepita l'esperienza della discriminazione e del razzismo da parte delle vittime potenziali raccomanda che i governi degli Stati membri prendano provvedimenti per garantire l'organizzazione di indagini nazionali sull'esperienza e la percezione del razzismo e della discriminazione dal punto di vista delle vittime, per “ottenere un quadro dei problemi del razzismo e dell'intolleranza dal punto di vista delle vittime reali e potenziali”. Anche le indagini condotte dall'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) possono essere considerate esemplari a questo proposito. La giurisprudenza della Corte relativa alle caratteristiche di una risposta adeguata dello Stato nel contesto della giustizia penale è discussa di seguito (cfr. paragrafi 80-81). Dovrebbero essere sostenute anche le indagini a livello locale o regionale e le indagini presso particolari comunità, per consentire una risposta mirata alle esigenze locali.
29. Capire l'esperienza della vittimizzazione è essenziale per capire l'impatto dei crimini d'odio e quindi per sviluppare politiche e strategie adeguate contro di essi. Il crimine d'odio può differenziarsi da altre forme di criminalità per il suo impatto non solo sulla vittima del crimine, ma anche su gruppi e comunità più ampie, vale a dire la comunità con la caratteristica comunemente presa di mira. Riconoscendo questo aspetto, la Raccomandazione invita a considerare un approccio “a cerchi di danno”. Questo approccio riconosce l'impatto dei crimini d'odio su diverse categorie principali di persone: 1) le singole vittime (compresi i familiari più stretti), 2) la comunità o il gruppo a cui appartengono o che si ritiene rappresentino, 3) altre persone che condividono con la vittima caratteristiche personali o situazioni simili, e 4) coloro che sono affiliati alla vittima o la sostengono (cioè persone solidali con la vittima o altre che possono simpatizzare fortemente con la vittima, ma non condividono le stesse caratteristiche o situazioni personali). Le vittime di crimini d’odio possono non avere la stessa esperienza delle altre vittime di un crimine e spesso possono subire ulteriori effetti rispetto all'impatto del crimine stesso. È ampiamente riconosciuto che molti episodi di crimini d'odio, se paragonati ad altri tipi di vittimizzazione, possono essere associati a un maggior grado di trauma fisico e psicologico. Poiché il crimine d'odio prende di mira l'identità, le affiliazioni, il patrimonio o il credo della vittima, gli effetti del crimine d'odio possono estendersi alle varie comunità o gruppi a cui la vittima appartiene, e non solo. Questo fenomeno viene variamente descritto come “effetto a catena”, “natura risonante del crimine d'odio” o “effetto in terroremdel crimine d'odio”.
30. La Raccomandazione sottolinea l'importanza di rafforzare la fiducia dell'opinione pubblica nei confronti del sistema di giustizia penale (e degli altri attori coinvolti nella lotta ai crimini d'odio), al fine di migliorare le segnalazioni e le risposte, da un lato, e dall'altro di ridurre gli eventuali problemi interni significativi, come i pregiudizi istituzionali e la discriminazione nei confronti degli stessi organismi. Un ostacolo importante nella lotta ai crimini d'odio è rappresentato dal fatto che le vittime di tali crimini spesso non hanno fiducia nel sistema di giustizia penale, ritenendo che coloro che vi lavorano non possano o non vogliano rispondere alle loro esperienze di vittimizzazione. Gli Stati membri dovrebbero sviluppare strategie per migliorare le risposte del sistema, affrontare i pregiudizi istituzionali che possono esistere al suo interno e aumentare la fiducia suscitata da queste istituzioni in generale. Potrebbe essere particolarmente necessario affrontare, ad esempio, i pregiudizi di genere, LGBTI e razziali. Anche la RPG 11 dell’ECRI, Lotta al razzismo e alla discriminazione razziale nell’ambito delle attività di polizia, è particolarmente pertinente. Secondo tale raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero, tra l'altro,scoprire e affrontare la profilazione razziale, la discriminazione razziale e la cattiva condotta a sfondo razziale da parte della polizia; documentare ed esplorare il rapporto tra la polizia ed i membri dei gruppi protetti. Nel fare ciò, gli Stati dovrebbero misurare i livelli di fiducia di tali gruppi nei confronti della polizia, nonché qualsiasi indicatore di pregiudizio all'interno delle istituzioni di polizia nei confronti di tali gruppi. Il timore di una nuova vittimizzazione da parte della polizia è anche una ragione delle mancate denunce dei crimini d'odio. La “vittimizzazione secondaria” è la vittimizzazione che si verifica a causa della risposta degli organismi statali e non statali al reato originario e deriva dal mancato rispetto dei diritti delle vittime e dalla mancanza di comprensione della sofferenza delle vittime. Le vittime possono quindi sentirsi isolate e insicure, e perdere fiducia nell'aiuto disponibile da parte delle comunità e degli organismi professionali. Può anche accadere che queste organizzazioni non riescano a reagire all'evento vittimizzante originario, o che non rispondano in modo appropriato, anche trascurando, per usare il linguaggio della Corte, di “smascherare” (si veda il successivo paragrafo 33) l'elemento di odio del reato. Poiché anche i pregiudizi istituzionali possono svolgere un ruolo significativo nei casi di vittimizzazione secondaria, la Raccomandazione sottolinea anche la necessità di riconoscere, identificare e affrontare i comportamenti tendenziosi o pregiudizievoli delle forze dell'ordine e di altri operatori della giustizia penale ai sensi del paragrafo 25 (si vedano i paragrafi 86-87). La rivittimizzazione si verifica quando una vittima è già stata vittima di un crimine d'odio. Il timore di una nuova vittimizzazione è legato alla percezione della legittimità e dell'affidabilità delle autorità, spesso relativamente alla polizia.
Principi di base
31. Il termine crimine d'odio può comprendere sia i crimini più gravi sia quelli considerati infrazioni minori al diritto penale. In comune hanno che si tratta di reati penali: per questo motivo, una grande attenzione viene posta sulle risposte della giustizia penale ai crimini d'odio. Tuttavia, ciò potrebbe mascherare la questione più ampia: la stragrande maggioranza dei crimini d'odio non viene denunciata ed è tutt'altro che insolita per le vittime, che di solito subiscono ripetutamente episodi e crimini d'odio. Le persone colpite spesso non sanno quali siano i confini giuridici del crimine d'odio, quali siano i loro diritti e dove poter cercare sostegno per il trauma che ne deriva. Inoltre, l'impatto dei crimini d'odio non può essere considerato direttamente proporzionale alla gravità percepita del crimine. Nel caso dei crimini d'odio, le vittime riferiscono un disagio emotivo e psicologico significativamente maggiore rispetto alle vittime di altri crimini, in particolare a causa dei problemi di intersezionalità, rivittimizzazione, vittimizzazione secondaria e paura di denunciare l'accaduto che possono amplificare la reazione traumatica delle vittime.
Sul paragrafo 5
32. Data la complessità del modo in cui i crimini d'odio vengono definiti, vissuti e perpetrati, la responsabilità dell'azione statale nel contesto dei crimini d'odio non può ricadere su un unico organismo o dipartimento governativo. Piuttosto, richiede un approccio olistico e sfaccettato che può essere sostenuto da un piano d'azione o da una strategia nazionale nell'ambito di sforzi più ampi per combattere l'odio, la discriminazione e l'intolleranza. Sia nello sviluppo che nell'attuazione di tale piano d'azione è fondamentale il ruolo della società civile, che spesso possiede le competenze necessarie per capire e sostenere le vittime ed attingere alla loro esperienza per prevenire ulteriori episodi. Poiché le vittime di crimini d'odio possono non fidarsi delle autorità, molte di esse si affidano ad organizzazioni della comunità o di pari per ottenere informazioni e sostegno in merito ai crimini d'odio. Le organizzazioni della società civile hanno quindi un ruolo cruciale nel fornire la loro competenza sulle esigenze specifiche delle vittime. Tuttavia, anche se una società civile adeguatamente finanziata può svolgere un ruolo di sostegno vitale, la responsabilità primaria della lotta ai crimini d'odio spetta allo Stato.
Sul paragrafo 6
33. Il diritto penale svolge un ruolo fondamentale nell'affrontare e rispondere alle manifestazioni dei crimini d'odio. La criminalizzazione di tali atti riflette la necessità di riaffermare continuamente la condanna dei crimini d'odio da parte della società. Procedure e istituzioni penali efficaci sono fondamentali per garantire la corretta amministrazione della giustizia in una società democratica, per riconoscere la natura dei crimini d'odio come particolarmente distruttiva dei diritti fondamentali, nonché per suscitare e mantenere la fiducia delle vittime reali e potenziali nella capacità delle autorità statali di proteggerle dai crimini d'odio. La designazione del crimine d'odio come manifestazione particolare di criminalità nella legislazione è fondamentale per garantire che sia riconosciuto dagli organismi di giustizia penale e trattato dal sistema giuridico, e per trasmettere un messaggio di protezione alle vittime e di deterrenza ai potenziali autori. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero garantire l'effettiva applicazione del diritto penale, anche per quanto riguarda lo smascheramento del o degli elementi di odio di un reato, in quanto si tratta del principale elemento costitutivo che differenzia i crimini d'odio dai reati penali ordinari. In effetti, il mancato rispetto di questo principio, cioè trattare la violenza “con intento discriminatorio” a pari livello con la violenza senza tale intento, potrebbe costituire una violazione dell'articolo 14 della Convenzione (Sabalić c. Croazia, 2021). Disposizioni penali efficaci avranno diverse dimensioni. “Smascherare”, ispirandosi alla giurisprudenza della Corte, significa che le autorità devono fare ciò che è ragionevole nelle circostanze per raccogliere e fissare le prove, esplorare tutti i mezzi pratici per scoprire la verità e prendere decisioni pienamente motivate, imparziali e obiettive, senza omettere fatti sospetti che potrebbero essere indicativi di un movente di odio (Nachova e altri c. Bulgaria, 2005, §§ 156-159). Inoltre, il dovere di rispondere adeguatamente a tali crimini si estende ai procedimenti giudiziari in cui si decide se e come condannare e punire i presunti autori (Sabalić c. Croazia, 2021, § 97). Nei procedimenti giudiziari esiste un dovere dirisponderein modo adeguato ai crimini d'odio, determinando se e come condannare e punire il presunto autore (Sabalić c. Croazia, 2021) e di attribuire “conseguenze giuridiche tangibili” all'elemento d'odio del reato (Stoyanova c. Bulgaria, n. 56070/18, 14 giugno 2022). Nella causaStoyanova,sebbene i tribunali bulgari avessero chiaramente stabilito che il motivo alla base dell'aggressione fosse l'odio degli autori per gli omosessuali, non vi erano state conseguenze giuridiche tangibili poiché il Codice penale bulgaro non prevedeva l'omofobia come aggravante specifica per il reato di omicidio. Al contempo, gli Stati membri dovrebbero garantire che i diritti sanciti dagli articoli 6, 7 e 10 della Convenzione di chiunque sia sospettato o accusato di un crimine d'odio siano tutelati durante tutto il processo e presi in considerazione nell'elaborazione della legislazione.
34. Il paragrafo 6 identifica alcuni degli aspetti più importanti che dovrebbero essere presi in considerazione nella stesura delle disposizioni legislative relative ai crimini d'odio. Ciò richiede spesso una distinzione tra i reati basati sull'odio e gli altri crimini e le conseguenze giuridiche tangibili che derivano dalla loro commissione. Gli Stati dovrebbero inoltre adottare tutte le misure ragionevoli per indagare e smascherare ogni eventuale elemento di odio che accompagna la commissione di un atto criminale e garantire una risposta penale efficace, appropriata e proporzionata nei confronti dei colpevoli, anche attraverso la determinazione di sanzioni penali adeguate. In particolare, il principio di legalità esige che i reati e le relative pene siano chiaramente definiti dalla legge e, pertanto, incarna la garanzia che la legge penale non deve essere interpretata a scapito dell'imputato. Il concetto di “legge” ai sensi dell'articolo 7, come in altri articoli della Convenzione (ad esempio gli articoli da 8 a 11), comprende requisiti qualitativi, in particolare quelli di accessibilità e prevedibilità (Del Río Prada c. Spagna[GC] n. 42750/09, 21 ottobre 2013 § 91;Perinçekc.Svizzera[GC] n. 27510/08, 15 ottobre 2015 § 134). Questi requisiti qualitativi devono essere soddisfatti sia per quanto riguarda la definizione di reato (Jorgic c. Germania, no. 74613/01, 12 gennaio 2007 §§ 103-114) sia per quanto riguarda la pena prevista dal reato in questione o il suo campo di applicazione. L'insufficiente “qualità del diritto” per quanto riguarda la definizione del reato e la pena applicabile costituisce una violazione dell'articolo 7 della Convenzione (Kafkaris c. Cipro[GC] n. 21906/04, 12 febbraio 2008 §§ 150 e 152). A questo proposito, gli Stati hanno l'obbligo positivo di definire chiaramente l'elemento dell’odio nel diritto interno, nonché di stabilire chiaramente le modalità di applicazione di tali conseguenze giuridiche tangibili (Stoyanova c. Bulgaria,2022).
Sul paragrafo 7
35. Conformemente ai principi e alla giurisprudenza della Corte, le autorità nazionali hanno il dovere specifico di indagare e prevenire la violenza motivata dall'odio. In particolare, gli Stati devono “smascherare” il movente dell'odio al meglio delle loro capacità. Pertanto, quando le autorità nazionali si trovano di fronte, ad esempio, ad indizi prima facie di violenza motivata o almeno influenzata dall'orientamento sessuale della vittima, ciò richiede l'effettiva applicazione di meccanismi di diritto penale interno in grado di elucidare il possibile movente di odio con connotazioni omofobiche alla base dell’episodio violento e di identificare e, se del caso, punire adeguatamente i responsabili (Identoba e altri c. Georgia, 2015, § 67; M.C. e A.C. c. Romania n. 12060/12, 12 aprile 2016, § 113; Aghdgomelashvili e Japaridze c. Georgia, 2020, § 38; Genderdoc-M e M.D. c. Repubblica di Moldova, n. 23914/15, 14 dicembre 2021 § 37; Women's Initiatives Supporting Group e altri c. Georgia, 2021, § 63; Sabalić c. Croazia, 2021, § 105). Questi requisiti derivano anche da altri obblighi internazionali, come la Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.
36. Di conseguenza, quando sussiste un sospetto che atteggiamenti discriminatori abbiano indotto un atto violento, è particolarmente importante che l'indagine ufficiale sia condotta con vigore e imparzialità, tenendo conto della necessità di riaffermare continuamente la condanna di tali atti da parte della società e di mantenere la fiducia dei gruppi protetti nella capacità delle autorità di proteggerli dalla violenza a sfondo discriminatorio. Il rispetto degli obblighi positivi dello Stato richiede che il sistema giuridico nazionale dimostri la propria capacità di applicare il diritto penale contro gli autori di tali atti violenti (Sabalić c. Croazia, 2021, § 95 e Oganezova c. Armenia, nn. 71367/12 e 72961/12, 17 maggio 2022, § 85). Inoltre, quando l'indagine ufficiale ha portato all'avvio di un procedimento presso i tribunali nazionali, il procedimento nel suo complesso, compresa la fase processuale, deve soddisfare i requisiti dell'articolo 3 della Convenzione (M.C. e A.C. c. Romania, 2016, § 112). Sebbene non vi sia un obbligo assoluto che tutti i procedimenti si concludano con una condanna o con una pena particolare, i tribunali nazionali non dovrebbero in alcun caso essere disposti a consentire che gravi attacchi all'integrità fisica e mentale rimangano impuniti, o che reati gravi siano puniti con pene eccessivamente lievi (Sabalić c. Croazia, 2021, § 97).
37. Il dovere delle autorità di prevenire la violenza motivata dall'odio, così come di indagare sull'esistenza di un possibile legame tra un movente discriminatorio e l'atto di violenza, può rientrare nell'aspetto procedurale degli articoli 2 e 3 della Convenzione, ma può anche essere visto come parte degli obblighi positivi delle autorità ai sensi dell'articolo 14 della Convenzione di garantire il valore fondamentale sancito dagli articoli 2 e 3 senza discriminazioni (Identoba e altri c.Georgia, 2015, §§ 63-64; M.C. e A.C. c. Romania2016, § 106; Aghdgomelashvili e Japaridze c. Georgia, 2020, § 36, Genderdoc-M e M.D. c. Repubblica di Moldova, 2021, § 34, e Women's Initiatives Supporting Group e altri c. Georgia, 2021, § 57, esaminati sotto, in cui la Corte ha proceduto ad un esame simultaneo ai sensi dell'articolo 3 preso in combinato disposto con l'articolo 14 della Convenzione).
38. La Corte ha ritenuto che, senza un approccio rigoroso da parte delle autorità di contrasto, i crimini motivati dal pregiudizio o dall'odio sarebbero inevitabilmente trattati alla stessa stregua dei casi ordinari privi di tali connotazioni, e l'indifferenza che ne deriverebbe equivarrebbe all'acquiescenza ufficiale ai crimini d'odio, o addirittura alla connivenza con essi (Identoba e altri c. Georgia, 2015, § 77, con ulteriori riferimenti, e Oganezova c. Armenia, 2022, § 106). Pertanto, secondo la Corte, trattare la violenza e la brutalità derivanti da atteggiamenti discriminatori alla stessa stregua della violenza che si verifica in casi privi di tali connotazioni significherebbe chiudere gli occhi sulla specificità di atti particolarmente distruttivi dei diritti fondamentali. Inoltre, la mancata distinzione nel trattamento di situazioni essenzialmente diverse può costituire un trattamento ingiustificato e inconciliabile con l'articolo 14 della Convenzione (Aghdgomelashvili e Japaridze c. Georgia, 2020, § 44).
39. Data la complessità dell’affrontare e prevenire esaurientemente i crimini d'odio, il numero di attori e di istituzioni coinvolti, le questioni sensibili e le sfide nell'incoraggiare e facilitare la cooperazione su questioni quali il monitoraggio, l’elaborazione di rapporti, la raccolta dei dati e l'impegno della comunità, la Raccomandazione consiglia vivamente piani d'azione e strategie nazionali globali.
40. In alcuni Stati membri sono in atto piani d'azione simili per lottare contro particolari manifestazioni di odio (come l'estremismo) o pregiudizi nei confronti di particolari comunità. Ad esempio, il Belgio e la Germania hanno piani d'azione per combattere la violenza omofobica e transfobica; Cohesive Estonia 2030, il piano d'azione moldavo e altre strategie nell'ambito del Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom sono a sostegno della popolazione Rom. Altri Stati membri hanno adottato approcci contro l'estremismo, come la strategia nazionale danese per la prevenzione e la lotta contro l'estremismo e la radicalizzazione e la strategia ceca per combattere l'estremismo. Il Piano d'azione del governo norvegese contro la radicalizzazione e l'estremismo violento (2020) comprende disposizioni contro i discorsi d'odio e altri crimini d'odio e prevede la collaborazione tra più organismi come approccio principale. La Grecia adotta un approccio ampio, con il suo Piano d'azione nazionale (PAN) contro il razzismo e l'intolleranza volto ad eliminare qualsiasi forma di razzismo o discriminazione e si concentra su quattro aree principali, tra cui la sensibilizzazione, l'istruzione, le politiche di integrazione sociale e la giustizia. Anche la Georgia affronta il tema dei crimini d'odio nella sua Strategia nazionale per i diritti umani.
41. Altri Stati membri hanno adottato un approccio intercomunitario per lottare contro i crimini d'odio ed i discorsi d’odio razzisti, omofobici e transfobici, evidenziando in particolare gli strumenti per la raccolta dei dati in questo contesto. È opportuno considerare come affrontare le esperienze di pregiudizio, odio ed emarginazione che persistono in una comunità, ad esempio attraverso una strategia nazionale LGBTI, una strategia di integrazione dei migranti o una strategia per i Rom e i Viaggianti. Il crimine d'odio, tuttavia, è trasversale a questi pilastri di protezione e richiede un approccio trasversale e multisettoriale, per cui si raccomanda una strategia nazionale che affronti tutti gli aspetti della Raccomandazione in modo globale e collaborativo.
Sul paragrafo 9
42. Le politiche e le misure per la creazione di un sistema nazionale efficace di sostegno alle vittime di crimini d'odio dovrebbero essere incluse nei piani d'azione, insieme alle misure a sostegno dell'effettiva criminalizzazione dei crimini d'odio.
43. I processi di sostegno, compresi quelli forniti tramite la giustizia penale, dovrebbero essere progettati e forniti in modo tale da riconoscere l'impatto del crimine d'odio sulle vittime e sulla comunità in generale. Tali sistemi di sostegno dovrebbero disporre di risorse e finanziamenti adeguati affinché il sostegno sia efficace e dovrebbero essere sensibili alle esigenze e alla situazione delle vittime, per garantire risposte efficaci. È fondamentale che vengano forniti servizi di supporto alle vittime che scelgono di non impegnarsi nel processo penale, ma che hanno comunque bisogno di sostegno per affrontare l'impatto di un crimine d'odio. Questo è importante perché la riluttanza delle vittime di crimini d'odio a denunciare le loro esperienze costituisce un ostacolo significativo per affrontare il problema dei crimini d'odio nella società e, di conseguenza, per fornire assistenza alle vittime laddove necessario. Di conseguenza, dovrebbero essere forniti tutti i servizi di sostegno in egual misura alle vittime di crimini d'odio.
44. Il trauma è un problema significativo per le vittime di crimini d'odio sotto vari aspetti. Le vittime sono spesso traumatizzate dal crimine d'odio stesso e l'impatto del trauma è cumulativo (più si verifica, maggiore è l'impatto). Di conseguenza, è importante riconoscere che le precedenti esperienze di vittimizzazione (rivittimizzazione) si aggiungono a questo impatto cumulativo e quindi alcune persone corrono un rischio maggiore di subire un impatto più forte dai crimini d'odio. Inoltre, nelle circostanze in cui questi bisogni non sono presi in considerazione, le vittime possono essere ulteriormente danneggiate dal processo di coinvolgimento con la giustizia penale (vittimizzazione secondaria).
45. La sensibilizzazione al trauma è un aspetto centrale dei crimini d'odio. Il trauma è una risposta emotiva ad un evento doloroso e si riferisce quindi ad una serie di reazioni comportamentali, cognitive ed emotive a tale evento o eventi, che possono avere effetti a lungo termine sul benessere di un individuo. Il trauma secondario si riferisce all'esperienza del trauma che si sviluppa in seguito ad uno stretto contatto con qualcuno che ha vissuto un evento doloroso (ad esempio, un familiare, un membro della comunità, un amico, un operatore di assistenza). L’essere vittima ed il trauma sono esperienze fortemente integrate, ma non tutte le vittime reagiranno allo stesso modo ad un trauma. In ogni caso, l'obiettivo di tutte le istituzioni di giustizia penale dovrebbe essere quello di essere consapevoli dei traumi e, in ultima analisi, informati sui traumi. Sensibilizzazione ai traumi significa essere consapevoli e sensibili alla natura del trauma, al modo di rispondere delle persone che lo subiscono e a come evitare di provocare un'esperienza traumatica. Partendo da questo presupposto, un approccio informato ai traumi va oltre e pone l'accento sulla comprensione e sulla risposta adeguata agli effetti del trauma a tutti i livelli, in particolare a livello istituzionale. L'obiettivo di un approccio informato al traumi è quello di evitare di ritraumatizzare l'individuo e di renderlo capace di affrontare il suo percorso di guarigione.
Sul paragrafo 10
46. Quando le vittime cercano di far riconoscere e considerare le loro esperienze da coloro che occupano posizioni di potere o autorità - ad esempio nell’ambito del processo penale, gli enti che si occupano di alloggi o il personale medico di prima linea - è fondamentale che non vengano rivittimizzate attraverso tale processo. È più probabile che le vittime accedano alla giustizia quando hanno fiducia nel fatto che un'istituzione agisce nel loro interesse e quando sono trattate con rispetto e in un modo che difenda i loro diritti. Questa fiducia può essere guadagnata quando gli organismi accettano e riconoscono i pregiudizi istituzionali, laddove presenti, e li affrontano attraverso la formazione e la pratica. Stabilire e mantenere relazioni tra le organizzazioni della giustizia penale ed i gruppi protetti, assicurandosi che essi facciano parte delle istituzioni della giustizia penale (ad esempio del personale) e sviluppare culture organizzative consapevoli e informate sui traumi aumenterà la fiducia delle vittime.
47. I pregiudizi istituzionali possono essere occulti o palesi e possono manifestarsi e risiedere nelle politiche, nelle procedure, nelle pratiche e nei processi - formali e informali, codificati e taciti - delle istituzioni pubbliche e private. Ciò può tradursi in un trattamento di routine, sistematico o ripetuto di coloro che hanno specifiche caratteristiche personali o uno status diverso a causa della loro identità (si veda, ad esempio, le Motivazioni della RPGn. 12 dell'ECRI sulla lotta al razzismo e alla discriminazione razziale nel settore dello sport, paragrafo 6 nota 4;Segretariato dell'ECRI 2022, Presentazione dell'invito a fornire contributi sui modelli, le politiche e i processi che portano a episodi di discriminazione razziale e sulla promozione della giustizia razziale e dell'uguaglianza (risoluzione 48/18 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite)).
Tali pregiudizi istituzionalizzati possono portare a comportamenti che equivalgono ad una violazione dell'articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l'articolo 3, come nel caso diLingurar c. Romanian. 48474/14, 16 aprile 2019. Riconoscendo, nominando e contestando i pregiudizi e le discriminazioni istituzionali e favorendo una cultura dell'inclusione che promuova e celebri le differenze, le istituzioni della giustizia penale possono accrescere la loro affidabilità agli occhi di coloro che sono esposti ai crimini d'odio.
48. Le motivazioni alla RPG n. 11 dell'ECRI sulla lotta al razzismo e alla discriminazione razziale nell’ambito delle attività di polizia trattano una forma particolarmente dannosa di razzismo istituzionale, la profilazione razziale, che deriva da politiche e pratiche istituzionali, e la Corte ha rilevato che la profilazione razziale può costituire una violazione dell'articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l'articolo 8. La Corte ha inoltre sottolineato l'importanza di indagini efficaci su presunti casi di discriminazione razziale da parte della polizia. Nella causaBasu c. Germanian. 215/19, 18 ottobre 2022, la Corte ha osservato che ciò è essenziale “affinché la protezione contro la discriminazione razziale non diventi teorica e illusoria nel contesto di atti non violenti che ricadono sotto l'articolo 8, per garantire la protezione dalla stigmatizzazione delle persone interessate e per prevenire la diffusione di atteggiamenti xenofobi” (§ 35). La RPG n. 11 dell'ECRI sulla lotta al razzismo e alla discriminazione razziale nell’ambito delle attività di polizia definisce i principali campi di azione per le forze di polizia, al centro dei quali spicca la definizione dell'ECRI di profilazione razziale: “l'uso da parte della polizia, senza giustificazione oggettiva e ragionevole, di motivi quali la razza, il colore, la lingua, la religione, la nazionalità o l'origine nazionale o etnica nelle attività di controllo, sorveglianza o indagine”. Il paragrafo 5 della RPG n. 11 dell'ECRI stabilisce poi che gli Stati membri dovrebbero garantire che la legislazione che vieta la discriminazione razziale diretta e indiretta copra le attività della polizia. Sebbene la Corte nella causaBasunon sia stata esplicita sulla natura del processo investigativo richiesto, la RPG n. 11 dell'ECRI suggerisce che dovrebbero essere resi disponibili meccanismi di sostegno e consulenza per le vittime di tali comportamenti da parte della polizia; che dovrebbero essere garantite indagini efficaci sui casi presunti e che un organismo “indipendente dalla polizia e dalle autorità giudiziarie” dovrebbe essere incaricato di indagare su tali casi. Secondo il paragrafo 3 della RPG n. 11 dell'ECRI, le autorità nazionali dovrebbero anche introdurre uno standard di ragionevole sospetto, in base al quale i poteri relativi alle attività di controllo, sorveglianza o indagine possono essere esercitati solo sulla base di un sospetto fondato su criteri oggettivi. Nel suo rapporto di monitoraggio del5° ciclo suiPaesi Bassi, al § 102, l'ECRI raccomanda che, fino a quando non verrà introdotto tale standard di ragionevole sospetto, la polizia dovrebbe almeno definire e descrivere in dettaglio i motivi oggettivabili che consentirebbero un controllo anche in assenza di qualsiasi sospetto. Un altro modo per prevenire la profilazione razziale sarebbe quello di introdurre moduli di fermo e controllo, in cui gli agenti di polizia registrino ogni controllo di questo tipo insieme alle ragioni e ai motivi oggettivabili della sua esecuzione, l'esito ed i dati personali pertinenti della persona.
49. Il capitolo 2 della RPG n. 11 dell'ECRI riguarda la discriminazione razziale e la cattiva condotta a sfondo razziale da parte della polizia e/o delle forze di sicurezza. Quando il presunto autore di un crimine d'odio è un rappresentante delle forze dell'ordine, si applicano gli obblighi positivi standard per quanto riguarda le indagini su tale reato, ma la Corte ha dichiarato che in questi casi il requisito dell'indipendenza nelle indagini e nel perseguimento del reato è di particolare importanza. L'indipendenza in questo senso non si limita all'indipendenza istituzionale e gerarchica, ma all'indipendenza nella pratica. L'indagine significativa che deve avvenire deve esplorare “un possibile nesso causale” tra il pregiudizio e la commissione del reato (si veda, ad esempio,Nachova c. Bulgaria ,2005). In questo contesto, l'Autorità indipendente cipriota per le indagini sulle denunce e le accuse riguardanti la polizia è stata evidenziata dall'ECRI nel suo quarto rapporto di monitoraggio suCiprocome strumento per affrontare la questione. La Procura generale rumena ha pubblicato una strategia per migliorare l'efficacia delle indagini penali condotte su accuse di maltrattamenti da parte delle forze dell'ordine.
50. Le ricerche dimostrano che i pregiudizi istituzionali esistono in varie forme. Tuttavia, per affrontarli, le istituzioni di giustizia penale devono riconoscere, scoprire, capire e misurare tali pregiudizi utilizzando uno strumento di indagine consolidato per misurare i pregiudizi in tutta l'istituzione. In seguito a questa misurazione, le istituzioni devono riconoscere l'esistenza di pregiudizi e discriminazioni istituzionali, compresa la profilazione razziale. Solo a questo punto è possibile affrontare tali pregiudizi.
51. Per quanto riguarda la necessità di promuovere società inclusive in generale, la Raccomandazione fa riferimento anche alla RaccomandazioneCM/Rec(2022)16. In particolare, si fa riferimento al paragrafo 28 che invita i funzionari pubblici, in particolare quelli che occupano posizioni di leadership, data la loro posizione di influenza, ad evitare di impegnarsi nei discorsi d’odio, appoggiarli o diffonderli. Inoltre, li incoraggia a promuovere pubblicamente una cultura dei diritti umani e a condannare con fermezza e tempestività i discorsi di odio, pur rispettando la libertà di espressione e di informazione. I funzionari pubblici ed i politici devono tuttavia fare attenzione a non qualificare con foga ogni voce critica come discorso d'odio. La libertà di espressione si applica non solo alle informazioni o alle idee che sono accolte favorevolmente o considerate inoffensive o indifferenti, ma anche a quelle che offendono, scioccano o disturbano lo Stato o qualsiasi settore della popolazione (Handyside c. Regno Unito n. 5493/72, 7 dicembre 1976, § 49).
Sostegno alle vittime
52. La Raccomandazione è redatta in armonia con la RaccomandazioneCM/Rec(2023)2del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui diritti, i servizi ed il sostegno alle vittime di reato, ma riconosce anche i diritti, i bisogni e le vulnerabilità particolari delle vittime di crimini d’odio rispetto alle vittime di altri crimini. Pertanto, è importante identificare specificamente le vittime di crimini d'odio nella fase più precoce, sia del processo penale, sia, nel caso in cui la vittima non denunci il reato alle autorità, attraverso i servizi di sostegno.
Sul paragrafo 11
53. Il sostegno alle vittime è un aspetto cruciale della Raccomandazione, che riconosce che, mentre tutte le vittime di reato dovrebbero essere aiutate ad accedere ai loro diritti e servizi, potrebbero essere necessari considerazioni e approcci specifici nel caso delle vittime di crimini d’odio. In quanto tale, questo paragrafo dovrebbe essere letto congiuntamente alle norme del Consiglio d'Europa applicabili in questo settore, in particolare la Raccomandazione CM/Rec(2023)2 sui diritti, i servizi ed il sostegno alle vittime di reato. In linea con questo strumento, la Raccomandazione identifica più tipi di danno: fisico, mentale, emotivo ed economico. Riconoscendo che il crimine d'odio, come la maggior parte delle forme di crimine, è sia un danno contro la società sia una violazione dei diritti individuali, le vittime in questo contesto sono comunque intese come coloro che hanno un nesso causale diretto tra il danno subito ed il reato. Questa definizione può estendersi ai familiari stretti, alle persone a carico e a determinate altre persone, in conformità con gli approcci legislativi nazionali.
54. A livello internazionale, sono state prese in considerazione anche alcune norme pertinenti. In particolare, la direttiva relativa ai diritti delle vittime può essere considerata una norma chiave che sottende molti approcci nazionali negli Stati membri del Consiglio d'Europa.
55. La comprensione dell'esperienza di vittima è essenziale per capire l'impatto dei crimini d'odio. I processi di giustizia e di sostegno dovrebbero essere ideati e forniti in modo da riconoscere il diverso impatto sulle vittime. Tuttavia, come ulteriormente approfondito nel successivo paragrafo 13, possono sussistere varie ragioni per cui una particolare vittima non desidera avviare un’azione con le autorità giudiziarie penali in seguito ad un crimine d'odio. I servizi di sostegno alle vittime dovrebbero essere disponibili gratuitamente per tutti, indipendentemente dal fatto che le vittime di crimini d’odio denuncino o meno la loro esperienza alle autorità. In caso di denuncia, tale sostegno dovrebbe continuare ad essere disponibile anche dopo le indagini o la conclusione di eventuali procedimenti penali, e dovrebbe essere fornito un risarcimento in conformità con il diritto interno. È importante notare che l'impatto del crimine d'odio non è correlato alla probabilità che un individuo lo denunci alla polizia.
Sul paragrafo 12
56. Questo paragrafo riconosce la necessità di un approccio intersezionale e globale in grado di fornire servizi di sostegno adeguati, tenendo in debita considerazione le esigenze intersezionali delle vittime di crimini d’odio. Ciò può richiedere che si proceda, fin dal primo contatto con la vittima, ad una valutazione dei bisogni e dei rischi individuali (si veda il paragrafo 35 della Raccomandazione); si determinino i corrispondenti interventi di protezione e sostegno; si identifichino particolari esigenze di protezione durante il procedimento penale; si garantisca un orientamento efficace alle vittime. Tale valutazione dovrebbe essere costantemente aggiornata durante l'intero ciclo di vita di una causa. La necessità di un approccio intersezionale riconosce che le vittime prese di mira per motivi intersezionali necessitano di una protezione e di un sostegno speciali per garantire il loro effettivo accesso alla giustizia. Tali esperienze e risposte multiforme dovrebbero essere tenute in considerazione durante la valutazione e la pianificazione di servizi di sostegno adeguati.
57. Inoltre, questa valutazione dovrebbe considerare chi sia nella posizione migliore per fornire interventi, soprattutto nel caso di vittime vulnerabili. Si deve tenere conto in particolare della precedente vittimizzazione, della cultura, della religione, del sesso, delle disabilità, della situazione familiare e della neurodiversità, se necessario. Inoltre, occorre tenere conto della natura e delle circostanze del reato penale e di altri fattori, come i rischi presentati dall'autore del reato. Per offrire assistenza alle vittime, è fondamentale capire le loro esigenze.
Sui paragrafi 13-14
58. Le raccomandazioni pratiche di cui ai paragrafi 13-14 mirano a creare condizioni in cui le vittime si sentano sicure e possano avere accesso garantito ad un sostegno ed a ricorsi efficaci rispetto alla loro esperienza. Le ragioni per cui le vittime non denunciano il reato alle autorità locali o nazionali competenti possono essere molteplici. Ad esempio, se le vittime spesso denunciano il reato per vedere gli autori rispondere delle loro azioni, ciò avviene solo in circostanze in cui si sentono sicure per denunciare il reato e hanno un certo livello di fiducia nel sistema di giustizia penale. Altri fattori possono influenzare la denuncia alla polizia, come la gravità percepita del reato, la presenza o meno di violenza, l'identità dell'autore, l'impatto del reato (ad esempio, lesioni), la percezione della polizia e l'identità della vittima (lo status di immigrato, l'appartenenza ad un gruppo protetto sono tutti fattori pertinenti). Nel caso dei crimini d'odio, se una vittima ritiene che un episodio non sia importante o significativo, è meno probabile che lo denunci alla polizia.
59. La Raccomandazione sottolinea l'importanza di garantire che le esigenze delle vittime siano adeguatamente prese in considerazione e che esse possano partecipare effettivamente al sistema di giustizia penale senza temere di subire esperienze di rivittimizzazione da parte delle autorità statali. Il paragrafo 13 enuncia i principi fondamentali affinché le autorità creino ambienti in cui le vittime si sentano sicure e vengano trattate con rispetto e sensibilità adeguati. Poiché molte vittime di crimini d'odio provengono da gruppi emarginati o svantaggiati che hanno già avuto esperienze di discriminazione, di atteggiamenti pregiudizievoli o di maltrattamenti, gli sforzi per creare fiducia nei confronti delle autorità sono fondamentali per evitare casi di vittimizzazione secondaria o il ritiro della vittima dal processo penale. Un ambiente favorevole, accessibile e sicuro per le vittime comprenderà anche specialisti formati che possono rivolgersi alle vittime di crimini d'odio in modo empatico ed attento, come ulteriormente sottolineato nei paragrafi 12-14 della Raccomandazione.
60. A complemento della RaccomandazioneCM/Rec(2023)2, che sottolinea anche il diritto delle vittime ad essere informate sui procedimenti e sulla loro causa, la Raccomandazione delinea i principali passi pratici da compiere nei casi di crimini d'odio. Dato che le vittime di crimini d’odio possono avere bisogno di aiuto per orientarsi nel sistema di giustizia penale, fin dal primo contatto dovrebbero essere prese misure per fornire alle vittime, per quanto possibile e su loro richiesta, tutte le informazioni necessarie in una lingua e in una forma a loro comprensibile riguardo alla loro causa ed ai suoi progressi. Le vittime dovrebbero ricevere informazioni pratiche sui sostegni disponibili. Le vittime dovrebbero inoltre ricevere informazioni su eventuali sostegni specializzati, fornitori di servizi specializzati o organizzazioni della società civile e, ove possibile, essere indirizzate a tali entità. Alle vittime deve essere fornita particolare chiarezza in merito all'elemento di odio del reato.
61. Il paragrafo 13 invita inoltre gli Stati membri ad elaborare politiche per garantire che le vittime non subiscano ingiustamente conseguenze negative o ripercussioni per aver denunciato un crimine d’odio. Ciò fa seguito allaRPG n. 16 dell'ECRI sulla protezione contro la discriminazione dei migranti in situazione irregolare (che fa eco all'articolo 4(3), dellaConvenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica(STCE n. 210) (Convenzione di Istanbul)) che chiede la creazione di “firewall” per evitare che alcune autorità pubbliche, ma anche alcuni attori del settore privato, neghino di fatto alcuni diritti umani ai migranti in situazione irregolare, attraverso un chiaro divieto di condivisione dei dati personali e di altre informazioni sui migranti sospettati di essere in situazione irregolare con le autorità di immigrazione ai fini del controllo e dell'applicazione della legge sull'immigrazione. Questa Raccomandazione sarà importante anche nel contesto delle industrie criminalizzate o irregolari, in cui le vittime possono essere dissuase dal denunciare un crimine d'odio per timore di conseguenze sul loro lavoro.
62. Affrontare il problema della sottodenuncia dei crimini d'odio è di fondamentale importanza per combattere i crimini d'odio. Per eliminare gli ostacoli interni ed esterni alla denuncia dei crimini d'odio gli Stati membri devono adottare una serie di misure per risolvere il problema delle mancate denunce. Tenendo in debito conto le norme di protezione dei dati, gli Stati membri dovrebbero introdurre le seguenti opzioni di segnalazione indicate nella Raccomandazione:
- Denuncia online alla polizia, e meccanismi di denuncia anonima (paragrafo 33);
- Funzionari di polizia specializzati, come i responsabili della diversità (paragrafo 38);
- Segnalazione da parte di terzi (paragrafo 48);
- Segnalazione di materiale d'odio online (cfr. Raccomandazione CM/Rec(2022)16);
- Garantire l'accesso universale alla denuncia, ad esempio mettendo a disposizione interpreti, consentendo la presenza di terzi al momento della segnalazione e altri servizi di accompagnamento indipendenti (cfr. paragrafo 4(f)).
Per ulteriori considerazioni, il Gruppo di alto livello dell'Unione europea sulla lotta ai discorsi e ai crimini d'odio ha elaborato principi guida fondamentali per migliorare la denuncia dei crimini d'odio alla polizia. Detto ciò, questi meccanismi saranno probabilmente più efficaci se supportati da informazioni ampiamente diffuse sulla gamma di opzioni di denuncia, rese disponibili in varie lingue e con una serie di opzioni accessibili attraverso vari supporti, come video online, infografiche e opuscoli. Analogamente, come mezzo di sensibilizzazione, i testimoni e la popolazione in generale degli Stati membri dovrebbero essere informati dei danni causati dall'odio e delle opzioni di denuncia attraverso campagne di sensibilizzazione pubblica. Tali campagne potrebbero, ad esempio, denunciare i comportamenti assimilati ai crimini d'odio; fornire informazioni sulla nozione di crimine d'odio (e distinguerlo, ad esempio, dalla discriminazione sul posto di lavoro); ed informare sul modo in cui la polizia tratta i crimini d'odio una volta denunciati.
63. Garantire alle vittime l'accesso alla giustizia è un'impresa complicata. Possono sussistere vari ostacoli o barriere da superare lungo tutto il processo penale, il che può essere stressante e difficile da affrontare per le vittime. L'accesso all'assistenza legale e ad una rappresentanza adeguata, così come l'accompagnamento in tribunale, possono essere fondamentali per garantire l'accesso delle vittime alla giustizia, in particolare quando queste partecipano al procedimento penale o forniscono testimonianze o dichiarazioni sull’impatto.
64. Le vittime di crimini d'odio hanno spesso esigenze specifiche che possono richiedere l'intervento di servizi specializzati di sostegno alle vittime (si veda, ad esempio, la RaccomandazioneCM/Rec(2023)2sui diritti, i servizi ed il sostegno alle vittime di reato, articolo 19(6)). Gli Stati membri hanno adottato approcci diversi per l'organizzazione di tali servizi, fornendo assistenza alle vittime attraverso enti pubblici, organizzazioni della società civile o una combinazione di entrambi. La Raccomandazione non si sofferma sulla struttura di tali servizi, ma si concentra sulla necessità di garantire che tali servizi siano disponibili per le vittime e abbiano la capacità di rispondere efficacemente alle esigenze delle vittime di crimini d’odio. Va tuttavia notato che, nel caso in cui gli Stati non forniscano direttamente servizi di sostegno alle vittime, dovrebbero finanziare la società civile per farlo. Potrebbe essere necessario che gli Stati stabiliscano norme di qualità basate sui diritti delle vittime che le organizzazioni della società civile devono rispettare, e che garantiscano l'esistenza di meccanismi efficaci per coordinare e cooperare con le organizzazioni della società civile. Ciò è particolarmente importante nei casi di crimini d'odio, data la loro natura spesso sensibile e traumatica.
Sul paragrafo 15
65. Gli Stati membri dovrebbero facilitare l'accesso universale ad un sostegno mirato e ridurre qualsiasi ostacolo o barriera all'accesso alla giustizia per le vittime, come quelli derivanti dal loro status sociale o dalla loro stigmatizzazione. È essenziale che le vittime capiscano i loro diritti, ricevano informazioni sul loro caso su loro richiesta e possano seguire i servizi di sostegno specifici di cui potrebbero avere bisogno. Questo paragrafo dovrebbe essere interpretato in senso lato come un mezzo per aiutare le vittime ad orientarsi in sistemi che possono essere complessi, fornendo loro assistenza per aiutarle a seguire le procedure pertinenti alla loro causa o alla loro situazione. Le informazioni dovrebbero essere fornite in una lingua e in un formato comprensibili, oralmente, per iscritto o in altre forme come immagini o video, a seconda dei casi.
66. Gli Stati membri dovrebbero considerare la creazione o il finanziamento di centri di sostegno e prevedere un approccio individuale, familiare e comunitario per affrontare i danni dell'odio. Indipendentemente dall'infrastruttura creata per fornire il sostegno, gli Stati membri sono incoraggiati a includere la fornitura gratuita di consulenza legale, rappresentanza legale, servizi di accompagnamento, sostegno clinico, mediatico e psicosociale. Le informazioni relative a questi sostegni e al diritto a tali sostegni dovrebbero essere ampiamente diffuse attraverso campagne di informazione pubblica che si svolgono su base iterativa.
67. I principi dell'accesso universale devono essere applicati alla fornitura di tali servizi. Tutti i servizi devono essere accessibili indipendentemente, ad esempio, dalle capacità fisiche, intellettuali o di sviluppo, dalla lingua o dalle capacità di comunicazione. Laddove non sia possibile garantirne l'accesso, devono essere forniti servizi alternativi equivalenti (ad esempio, visite a domicilio).
68. Per quanto riguarda i rinvii, gli Stati membri sono incoraggiati a prevedere un sistema di rinvio obbligatorio, con l’opzione di ritirarsi, tra la polizia ed i servizi di assistenza alle vittime. Un sistema del genere prevede che un agente di polizia invii i dati di contatto della vittima ai servizi di sostegno alle vittime, a meno che la vittima non si opponga. In un sistema di questo tipo con opzione di ritirarsi, i rinvii sono più efficienti, coerenti e adeguati e comportano un ricorso molto più elevato ai servizi di sostegno. I meccanismi di rinvio devono garantire sistemi solidi di protezione dei dati e riservatezza.
Sul paragrafo 16
69. Dato il particolare impatto dei crimini d'odio sulle vittime, e per consentire a queste ultime di far capire davanti ad un tribunale le loro esperienze di vittimizzazione, così come i loro effetti, si raccomanda che tutte le vittime di crimini d'odio, secondo la posizione conferitagli nel diritto nazionale, abbiano l'opportunità di essere ascoltate e di testimoniare in tribunale in merito alle loro esperienze. Oltre che di propria iniziativa, in determinate circostanze la vittima può essere obbligata a fornire tale testimonianza. Affinché ciò avvenga in modo coerente con i diritti dell'imputato o del condannato, è necessario fornire alle vittime una consulenza o una rappresentanza legale per sostenerne l'impegno in tal senso. Il modo in cui tali dichiarazioni vengono comunicate al tribunale varierà a seconda delle procedure giudiziarie di ciascuno Stato membro e, pertanto, tenendo conto di queste differenze, le dichiarazioni d'impatto delle vittime possono essere rilasciate oralmente dalla vittima, oppure inviate per iscritto al tribunale ed essere introdotte nel procedimento. In assenza di un processo o di un procedimento giudiziario, tali dichiarazioni possono, se opportuno e come stabilito dal diritto nazionale, essere incoraggiate nella fase della determinazione della pena. Dato l'impatto dei crimini d'odio sulla comunità, si prevede che le dichiarazioni d'impatto sulla comunità siano particolarmente adattate e gli Stati membri dovrebbero facilitare la presentazione di dichiarazioni d'impatto sulla comunità in questo caso, in particolare quando la vittima non è in grado di farlo o non vuole farlo. Anche in questo caso, tali dichiarazioni possono essere rilasciate oralmente o per iscritto da membri della comunità con cui la vittima del reato si identifica.
Modelli legislativi e gamma di reati
70. Affinché gli Stati possano adempiere appropriatamente ai loro obblighi nei confronti delle vittime di crimini d'odio, i sistemi di giustizia penale devono essere “adeguatamente equipaggiati” con gli strumenti necessari sia per smascherare l'elemento d'odio sia per garantire che la commissione di un tale reato comporti conseguenze giuridiche tangibili (cfr.Stoyanova c. Bulgaria, 2022). Per farlo anche in modo conforme all'articolo 7 (si veda il paragrafo 6 di cui sopra), si raccomanda l'introduzione di una legislazione specifica sui crimini d'odio in una o più delle forme delineate nel paragrafo 17 della Raccomandazione: ovvero, dovrebbe essere introdotta una legislazione specifica per affrontare in modo completo i crimini d'odio. È importante che il principio di legalità, come definito dalla Convenzione e dalla Corte, sia rispettato, in particolare che il diritto penale non sia interpretato in modo estensivo a scapito dell'imputato (Del Río Prada c. Spagna [GC], 2013, § 78.). Gli Stati membri sono inoltre incoraggiati a considerare il principio della minima criminalizzazione nell'elaborazione della legislazione.
71. I crimini d'odio si manifestano in modi diversi nelle varie comunità. In effetti, all'interno delle categorie di caratteristiche, vi sono differenze. Ad esempio, nell'ampia categoria della religione,i dati OSCE/ODHIR del 2021suggeriscono che la maggior parte dei crimini registrati con un elemento antisemita o anticristiano sono crimini contro la proprietà (il 56% dei crimini registrati con un elemento antisemita sono stati classificati come crimini contro la proprietà ed il 90% dei crimini registrati con un elemento anticristiano sono stati classificati come crimini contro la proprietà). Al contrario, solo il 46% dei crimini registrati con un elemento antimusulmano sono stati classificati come crimini contro la proprietà, mentre il 21% dei crimini antimusulmani sono stati classificati come crimini contro la persona (rispetto al 5% dei crimini anticristiani e al 15% dei crimini antisemiti). Nel legiferare contro i crimini d'odio, gli Stati membri dovrebbero considerare l'ampia gamma di reati che possono essere commessi con un elemento d'odio basato su una o più caratteristiche o situazioni personali reali o attribuite, e come questi possono manifestarsi nelle varie comunità: in particolare, gli Stati membri dovrebbero essere consapevoli che, ad esempio, i reati sessuali, i reati di furto e frode ed i reati contro la persona possono essere commessi con tale elemento d'odio. Analogamente, i legislatori dovrebbero essere consapevoli che i reati minori passibili di una sanzione penale ed i crimini più gravi previsti dalla legge possono essere commessi con un elemento di odio.
Sul paragrafo 17
72. Il paragrafo 17 propone agli Stati varie opzioni alternative per affrontare i crimini d'odio standard nella loro legislazione. In quanto tale, la Raccomandazione prevede che gli Stati membri trattino esplicitamente i crimini d'odio nella legislazione fornendo:
a) una disposizione generale che preveda che un elemento di odio costituisca una circostanza aggravante per tutti i reati penali al momento della determinazione della pena;
b) una disposizione sostanziale che attribuisca l'elemento di odio a qualsiasi reato penale al momento dell'imputazione penale;
c) equivalenti autonomi di reati penali di base che includano l'elemento di odio come parte integrante; oppure
d) una combinazione dei precedenti.
Questi modelli legislativi riflettono la gamma di approcci adottati dagli Stati membri del Consiglio d'Europa per affrontare i reati di odio standard. La differenza fondamentale tra gli approcci delineati in (a) e (b) è il momento in cui l'elemento dell'odio viene preso in considerazione dalle autorità giudiziarie penali, ossia se l'elemento di odio viene considerato principalmente come mezzo per adeguare la pena dell'autore del reato in seguito alla sua condanna per il reato penale di base, o se viene identificato e registrato nella fase iniziale del procedimento penale, e generalmente si riflette nella fedina penale dell'imputato. A seconda del sistema giuridico in questione, è altrettanto possibile che la pena massima possa essere aumentata o meno utilizzando l'approccio di cui alla lettera b), ma che sia possibile e standard nell'approccio di cui alla lettera c).
73. Nel valutare l'approccio da adottare o l'eventuale necessità di riformare la legislazione vigente, gli Stati membri, pur adottando misure in linea con la loro tradizione in materia di diritto penale, dovrebbero garantire che le loro misure legislative siano coerenti e proporzionate con l'obiettivo di prevenire e combattere i crimini d'odio in tutte le loro forme e manifestazioni. In pratica, più di due terzi degli Stati membri del Consiglio d'Europa hanno introdotto una disposizione basata sull'approccio delineato al punto (a). Ciò è raccomandato anche nel § 21 della RPG n.7 dell'ECRI sulla legislazione nazionale contro il razzismo e la discriminazione razziale.
74. Per quanto riguarda i crimini d'odio che assumono la forma di espressioni di discorso dell’odio soggetto a responsabilità penale - cioè i crimini d'odio che assumono la forma di discorsi d'odio criminalizzati - la Raccomandazione consiglia agli Stati membri di assicurarsi che il loro approccio ai crimini d'odio sia in linea con il paragrafo 11 della Raccomandazione CM/Rec(2022)16 sulla lotta contro i discorsi d'odio. In queste forme di discorsi d'odio criminalizzati, viene comunemente utilizzato un modello legislativo diverso, in cui l'“elemento d'odio” è la parte costitutiva e operativa del reato (come l'incitamento all'odio, la negazione del genocidio o l'incitamento al genocidio).
75. Quando si tratta di doveri specifici corrispondenti, come la registrazione dei dati, il monitoraggio e l’elaborazione di rapporti sui crimini d'odio all'interno di una giurisdizione, la Raccomandazione incoraggia gli Stati membri a separare il discorso d'odio criminalizzato da altre manifestazioni di crimini d'odio, al fine di affrontare tali questioni in modo più coerente e omogeneo a livello nazionale e internazionale. Inoltre, sulla base della giurisprudenza della Corte, sono vari i fattori da tenere in considerazione quando si affronta il discorso d’odio criminalizzato. In particolare, le preoccupazioni sono valutate alla luce degli articoli 8, 10, 14 e 17, considerando in particolare se un'espressione sia esclusa o meno dalla protezione della Convenzione (articolo 17) e, altrimenti, se la disposizione in questione soddisfa o meno i requisiti dell'articolo 10(2).
Sul paragrafo 18
76. La definizione dell'elemento di odio offre l'opportunità di chiarire le soglie giuridiche da rispettare per stabilire l'esistenza di un crimine d'odio, o per accusare o condannare una persona per un crimine d'odio. L'indagine significativa che deve essere condotta deve esplorare “un possibile nesso causale” tra il pregiudizio e la commissione del reato (si veda, ad esempio,Nachovac.Bulgaria,2005). Pertanto, è importante garantire che, nell’elaborazione della legislazione sui crimini d'odio, vi sia una connessione causale, un “nesso causale” o una prossimità tra l'elemento di odio e la commissione del reato e sviluppare una guida o una giurisprudenza su come smascherare e dimostrare questo nesso causale, ad esempio attraverso l'uso di indicatori di pregiudizio.
Sul paragrafo 19
77. Il paragrafo 19 tratta specificamente i vari potenziali bersagli dei crimini d'odio, comprese le vittime immediate, nonché i crimini d'odio situazionali, che si riferiscono in senso lato ai crimini d'odio che hanno come obiettivo spazi, manufatti, strutture o eventi associati a persone e gruppi. Il crimine d'odio situazionale è una manifestazione specifica del crimine d'odio che richiede una particolare attenzione da parte dei sistemi di giustizia penale nei vari Stati membri. Talvolta definiti “reati di profanazione”, si verificano quando viene preso di mira uno spazio simbolico, un manufatto, una struttura o un evento associato a un gruppo protetto. Questi atti possono essere visti come reati “di messaggio”, in particolare quando gli autori prendono di mira siti (come cimiteri, monumenti, luoghi di commemorazione), eventi (come marce, cerimonie religiose, parate, spettacoli di drag queen) o strutture (come centri comunitari, luoghi di culto, luoghi di ritrovo di persone LGBTI), al fine di diffondere un messaggio di odio o di disprezzo nel particolare gruppo di riferimento. La Raccomandazione raccomanda inoltre, al paragrafo 59, misure specifiche di prevenzione per migliorare la sicurezza di queste situazioni (si veda il paragrafo 140 sotto).
Sul paragrafo 20
78. Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che, quando un imputato viene giudicato colpevole di un crimine d'odio e l'elemento d'odio non è un elemento costitutivo del reato, a meno che non vi siano buone ragioni per affermare il contrario, l'elemento d'odio venga preso in considerazione come fattore aggravante nella determinazione della pena: dovrebbe essere possibile “attribuire un peso specifico” all'elemento d'odio nella fase di determinazione della pena (Stoyanova c. Bulgaria2022, § 72); e l'autorità di condanna dovrebbe essere esplicita nel sottolineare l'elemento d'odio del crimine nella sua decisione.
Sistema di giustizia penale
Sul paragrafo 21
79. Quando sussiste il sospetto che atteggiamenti discriminatori abbiano indotto un atto violento, è particolarmente importante che l'indagine ufficiale sia condotta con vigore e imparzialità, tenendo conto della necessità di riaffermare continuamente la condanna di tali atti da parte della società e di mantenere la fiducia degli individui o dei gruppi esposti ai crimini d'odio nella capacità delle autorità di proteggerli dalla violenza motivata dalla discriminazione.
80. Questo paragrafo riafferma gli obblighi positivi e procedurali dello Stato in materia di crimini d'odio nel contesto del sistema giudiziario penale. Esso riflette la giurisprudenza della Corte ai sensi degli articoli 2, 3, 8 e 14 della Convenzione, nonché le norme elaborate da altri organi del Consiglio d'Europa. Questi principi includono l'obbligo per le autorità preposte all'applicazione della legge di adottare un approccio rigoroso nei confronti dei crimini d'odio: essere indifferenti a tali manifestazioni di criminalità equivarrebbe all'acquiescenza ufficiale, o addirittura alla connivenza con i crimini d'odio (Identoba e altri c. Georgia, 2015, § 77, con ulteriori riferimenti, eOganezova c. Armenia,2022, § 106). Trattare i crimini d'odio alla stessa stregua dei crimini che non hanno “tali connotazioni” significherebbe, secondo la Corte, chiudere gli occhi di fronte alla natura specifica di tali atti, particolarmente distruttivi dei diritti umani. In effetti, la mancata distinzione da parte dello Stato tra il modo in cui vengono trattati i crimini con un elemento di odio e quelli commessi in assenza di tale elemento può, secondo la Corte, costituire un trattamento ingiustificato inconciliabile con l'articolo 14 della Convenzione (Aghdgomelashvili e Japaridze c. Georgia, 2020, § 44). Le autorità devono fare tutto ciò che è ragionevole nelle circostanze per raccogliere e conservare le prove, esplorare tutti i mezzi pratici per scoprire la verità e prendere decisioni pienamente motivate, imparziali e obiettive, senza omettere fatti sospetti che possono essere indicativi di una violenza indotta dall'odio basato sull'identità (Identoba e altri c.Georgia, 2015, § 67;M.C. e A.C. c. Romania, 2016, § 113;Aghdgomelashvili e Japaridze c. Georgia, 2020, § 38,Genderdoc- M e M.D. c. Repubblica di Moldova, 2021, § 37,Women's Initiatives Supporting Group e altri c. Georgia, 2021, § 63).
81. Il rispetto degli obblighi positivi dello Stato esige che il sistema giuridico nazionale dimostri la propria capacità di applicare la legge penale contro gli autori di tali atti violenti (Sabalić c. Croazia, 2021, § 95 eOganezova c. Armenia, 2022, § 85). Inoltre, quando l'indagine ufficiale ha portato all'apertura di un procedimento presso i tribunali nazionali, il procedimento nel suo complesso, compresa la fase processuale, deve soddisfare i requisiti dell'articolo 3 della Convenzione (M.C. e A.C. c. Romania, 2016, § 112). Se dimostrati al di là di ogni ragionevole dubbio, i tribunali nazionali non dovrebbero in alcun caso essere disposti a lasciare impuniti gravi attacchi all'integrità fisica e mentale o a punire reati gravi con pene eccessivamente lievi (Sabalić c. Croazia, 2021, § 97)
Sul paragrafo 22
82. Sebbene l'introduzione di una legislazione sui crimini d'odio sia in grado di garantire che l'elemento d'odio di un crimine non vada perso o non scompaia durante il processo, sono necessarie ulteriori politiche e meccanismi per garantire che ciò sia efficace nella pratica. In effetti, la legislazione sarà probabilmente inefficace se non sostenuta da politiche integrate dalla formazione in tutte le istituzioni della giustizia penale, e in particolare da quei funzionari (di polizia) che sono incaricati delle fasi iniziali dell'indagine e dalla cui diligenza dipende la raccolta di prove sotto forma di indicatori di pregiudizio. Per questo motivo, coloro che lavorano all'interno delle istituzioni di giustizia penale, così come le istituzioni stesse, hanno bisogno di sostegno per garantire che l'elemento di odio di un crimine sia adeguatamente registrato all'interno delle istituzioni, così come trasmesso tra le istituzioni. Una comunicazione coerente ed efficace all'interno e tra le istituzioni è fondamentale per garantire che ciò avvenga. Tale comunicazione può essere sostenuta da una comprensione comune dei crimini d'odio, integrata nel sistema di giustizia penale. Nel suo rapporto di monitoraggio del 6°ciclo sulBelgio, l'ECRI ha evidenziato come buona prassi l'introduzione di una lista di controllo per gli agenti di polizia ed i procuratori, che include indicatori con cui identificare i casi di violenza motivata dall'odio. Sono stati inoltre elaborati alcuni questionari standard.
Sul paragrafo 23
83. Questo paragrafo evoca la necessità di evitare o ridurre il più possibile le conseguenze negative consecutive alla denuncia di un crimine d'odio, in particolare quando tali conseguenze negative possono rivittimizzare o ritraumatizzare un individuo e la sua comunità che possono già trovarsi in situazioni vulnerabili. Ciò è particolarmente importante nei casi in cui la persona che denuncia un crimine d'odio può essere priva di documenti o trovarsi in una situazione di migrazione irregolare o di lavoro illegale, come illustrato al paragrafo 61, con riferimento alla RPG n. 16 dell'ECRI, secondo cui la funzione di polizia dello Stato in materia di crimini d'odio dovrebbe essere separata dalla sua funzione di controllo dell’immigrazione, al fine di evitare conseguenze giuridiche negative per la persona che denuncia il reato.
84. Quando il reato è commesso da agenti dello Stato, è particolarmente importante che la vittima non subisca conseguenze negative da parte degli agenti statali, come ritorsioni da parte della polizia o molestie da parte degli organi dello Stato.
Sul paragrafo 24
85. Questo paragrafo fa eco al paragrafo 12 della RaccomandazioneCM/Rec(2023)2sui diritti, i servizi ed il sostegno alle vittime di reato, che invita gli Stati membri a garantire l'accesso all’assistenza legale, in conformità con le condizioni e le norme procedurali applicabili ai sensi del diritto nazionale, in particolare quando le vittime hanno lo status di parti nel procedimento penale, in modo simile a quanto previsto dall'articolo 13 della Direttiva sui diritti delle vittime. In quanto tale, per “assistenza legale” si intende la consulenza, l'assistenza e la rappresentanza legale, nonché concetti quali la formazione giuridica, l'accesso alle informazioni giuridiche e altri servizi forniti alle persone attraverso meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie e processi di giustizia riparativa. Un aspetto fondamentale di questo paragrafo è il principio secondo cui l'assistenza legale alle vittime non serve solo a tutelare e salvaguardare i diritti e gli interessi delle vittime, ma può anche contribuire in modo significativo all'obiettivo della giustizia. Sebbene il diritto nazionale debba prevedere procedure e requisiti chiari su chi può accedere all’assistenza legale e a quali condizioni, la Raccomandazione incoraggia gli Stati membri a prendere almeno in considerazione la possibilità di fornire tale patrocinio, come la consulenza, l'assistenza e la rappresentanza legale, alle vittime dell'odio gratuitamente, senza condizioni di risorse, a tutte le vittime con diritti di partecipazione, anche se gli Stati possono decidere di imporre alcuni limiti, ad esempio, fornendo il gratuito patrocinio solo alle vittime prive di mezzi finanziari sufficienti.
Sul paragrafo 25
86. L'impatto dei pregiudizi istituzionali sulle vittime di crimini d'odio a livello individuale, ma anche potenzialmente a livello collettivo tra le istituzioni ed i gruppi protetti, è stato discusso nei paragrafi 46-49 di cui sopra. Oltre a garantire che i pregiudizi istituzionali siano identificati e affrontati, gli Stati membri devono anche assicurarsi che siano messe in atto misure appropriate per prevenire i comportamenti di parte e combattere l'impunità da parte delle forze dell'ordine e di altri operatori della giustizia penale, nonché per rispondere a tali comportamenti. Le istituzioni della giustizia penale devono guadagnarsi la fiducia dei gruppi protetti sfidando qualsiasi comportamento pregiudizievole a livello istituzionale e individuale. Ciò include la creazione di meccanismi di denuncia indipendenti per indagare sulle accuse di cattiva condotta da parte degli operatori della giustizia penale. La lotta all'impunità richiede anche un'azione positiva, attraverso la formazione e l'esempio, per promuovere una cultura in cui il ricorso a maltrattamenti da parte di funzionari statali che assumono la forma di crimini d'odio sia considerato inaccettabile e una grave violazione dei diritti umani.
87. Gli operatori devono essere formati sull’applicazione della legislazione sui crimini d'odio, come indicato al paragrafo 99 sotto. Gli operatori devono anche essere sensibilizzati alle esperienze di vittimizzazione dei gruppi protetti e alle loro interazioni con la procedura penale nel suo complesso. Questa formazione e sensibilizzazione dovrebbe assumere la forma di una formazione basata su prove concrete, elaborata in seguito alla consultazione e in associazione con i membri di gruppi o individui esposti alla discriminazione. Ad esempio, come evidenziato nel rapporto di monitoraggio del 6°ciclo dell'ECRI sullaBulgaria, il Ministero degli Interni ha collaborato con un'organizzazione non governativa LGBTI per la formazione degli agenti di polizia investigativa sul riconoscimento dei crimini d'odio anti-LGBTI, mentre un altro corso su questo tema è stato creato con l'Accademia nazionale di polizia. Analogamente, il rapporto di monitoraggio del 5°ciclo dell'ECRI suAndorraha osservato che sono stati organizzati corsi di formazione sui diritti umani e sulla lotta alla discriminazione per giudici, procuratori, avvocati e funzionari pubblici, al fine di sensibilizzarli al razzismo e all'intolleranza.
Sul paragrafo 26
88. La giustizia riparativa e le sue pratiche costituiscono uno dei mezzi di riparare i danni dell'odio e prevenire la criminalità futura. La RaccomandazioneCM/Rec(2018)8del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla giustizia riparativa in materia penale definisce la giustizia riparativa come “qualsiasi processo che consenta a coloro che sono stati danneggiati da un reato e ai responsabili di tale danno, se vi acconsentono liberamente, di partecipare attivamente alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, attraverso l'aiuto di una terza parte formata e imparziale”. Questi processi, che assumono varie forme, possono svolgersi parallelamente al processo penale, in alternativa a quest'ultimo, o dopo la condanna, nell’ambito del processo di determinazione della pena. Fondamentale per il processo è il volontariato: le parti del processo devono cioè acconsentire liberamente a partecipare al processo, secondo i principi della RaccomandazioneCM/Rec(2018)8. Nel Regno Unito, ad esempio,Brighton and Hovesi è impegnata ad essere una città riparativa ed a fornire a tutti coloro che sono stati danneggiati da crimini e conflitti l'opportunità di impegnarsi in pratiche riparative. Per il successo di tali pratiche è essenziale dedicare risorse e competenze ai processi di giustizia riparativa, ma anche stabilire la fiducia delle vittime nei confronti del processo.
Sui paragrafi 27-28
89. I paragrafi 27 e 28 contengono raccomandazioni particolari nel contesto dei bambini e dei giovani. I termini “bambini”, “giovani” o “gioventù” dovrebbero essere intesi come nel quadro giuridico e costituzionale di ciascun Stato membro, tenendo anche conto della prassi del Consiglio d'Europa, che intende per “bambino” un minore di 18 anni e “giovane” una persona dai 13 ai 30 anni. Che si tratti di vittime o di autori di reati, il principio fondamentale che dovrebbe valere per tutti i bambini coinvolti in qualsiasi parte del sistema di giustizia penale è che il superiore interesse del minore, valutato su base individuale, dovrebbe essere la considerazione primaria e principale. A questo proposito, è incoraggiato, ove opportuno, un approccio fondato sui sistemi familiari per soddisfare le esigenze dei bambini e dei giovani che entrano in contatto con il sistema di giustizia penale. Tale approccio implica la considerazione del fatto che l'unità familiare, e non solo il singolo bambino, può avere bisogno di sostegno.
90. Gli Stati hanno obblighi particolari per quanto riguarda la protezione dei bambini dai crimini d’odio ed i bambini devono poter godere dei loro diritti senza discriminazioni (si veda, ad esempio, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia (UNCRC), articolo 2). La sicurezza ed il benessere dei bambini devono essere rispettati e protetti senza alcuna discriminazione (si veda la Raccomandazione CM/Rec(2009)10 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle strategie nazionali integrate di protezione dei minori contro la violenza) e gli impatti particolarmente nefasti dei crimini d'odio sui giovani devono essere riconosciuti e affrontati. Le strategie nazionali integrate per la protezione dei minori dalla violenza dovrebbero essere adattate per includere considerazioni particolari sui minori vittime di crimini d'odio, con processi specifici per la denuncia ed il sostegno alle vittime, se necessario. Tali meccanismi di denuncia dovrebbero essere elaborati in modo da essere accessibili a tutti i bambini e da attivare un sostegno adeguato.
91. In questo contesto vanno considerate anche leLinee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore (CM/Del/Dec(2010)1098/10.2abc-app6). Queste norme stabiliscono che la giustizia a misura di minore sia: accessibile; adeguata all'età; rapida; diligente; adattata e incentrata sui bisogni del minore; e rispetti il diritto ad un giusto processo, il diritto a partecipare ed a capire il procedimento, il diritto alla vita privata e familiare ed il diritto all'integrità e alla dignità. Nel valutare il superiore interesse del minore in casi particolari, leLinee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minoreprevedono in particolare che gli Stati membri compiano sforzi concertati per stabilire “approcci multidisciplinari” al fine di ottenere una comprensione completa del minore e valutare la sua “situazione giuridica, psicologica, sociale, emotiva, fisica e cognitiva” (articolo 16).
92. I bambini coinvolti nel processo come sospetti o autori di reati hanno il diritto di accedere alla giustizia in modo compatibile con la loro età. Quando i bambini commettono crimini d'odio, devono avere l'opportunità di imparare dai loro errori e di essere aiutati a capire l'impatto del loro reato, nel tentativo di prevenire comportamenti recidivi. Le misure di sostegno ai minori sospettati al di fuori dei procedimenti giudiziari dovrebbero essere prese in considerazione, ove opportuno o auspicabile, a condizione che i loro diritti umani e le loro garanzie giuridiche siano pienamente rispettati (cfr. articolo 40(3)(b), della UNCRC). I meccanismi di giustizia alternativa citati nelleLinee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minoreincludono la mediazione, la diversione ed i meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie. In questo contesto, si dovrebbe porre un accento particolare sui programmi di diversione, così come sullagiustizia riparativa e sulla pratica riparativa per i minori, ma solo da parte di operatori della giustizia minorile appositamente formati, tenendo particolarmente conto del volontariato, degli squilibri di potere e della sicurezza. Le mediazioni tra giovani vittime e giovani delinquenti (ad esempio in Belgio e nei Paesi Bassi) e le conferenze dei giovani (ad esempio in Irlanda del Nord) sono modelli da prendere in considerazione nell'adozione di pratiche riparative nella giustizia minorile.
93. Va ricordato che gli Stati dovrebbero occuparsi di tutti i comportamenti e le attività che si collocano nel continuum dell'odio, ma nel contesto dei bambini e dei giovani va ricordata in particolare la RaccomandazioneCM/Rec(2021)7del Comitato dei Ministri sulle misure volte a proteggere i bambini contro la radicalizzazione a fini terroristici, che ha come fulcro la protezione del bambino e l'obiettivo di incoraggiare gli Stati membri ad aiutare le famiglie e chi si occupa dei bambini a soddisfare i bisogni del bambino ed a proteggerlo dai rischi, dall'esposizione e dai danni legati alle idee e alle attività estremiste violente. Nel caso in cui un bambino sia stato coinvolto in attività criminali che comportano un elemento di odio, si dovrebbe prestare particolare attenzione alla protezione di tale bambino rispetto alla sua esposizione alla radicalizzazione.
Sul paragrafo 29
94. Questo paragrafo riconosce che le persone private della libertà possono trovarsi in situazioni particolarmente vulnerabili per quanto riguarda l'eventualità di subire crimini d'odio, in particolare da parte del personale e di altri funzionari, nonché delle persone detenute nelle stesse strutture. Tali strutture includono, ad esempio, il fermo di polizia, gli istituti di confino obbligatorio, i centri di detenzione per immigrati, gli istituti psichiatrici e le strutture di assistenza sociale e comprendono sia la detenzione de facto che quella de jure. Ciò segue, ad esempio, le indicazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) e anche, ad esempio, la Regola 13 delle Regole penitenziarie europee che vieta la discriminazione fondata su motivi ingiustificati. Osserva inoltre che la protezione dei gruppi vulnerabili non va confusa con la discriminazione, ma è spesso necessaria per proteggere adeguatamente questi gruppi contro qualsiasi danno. A livello della Corte, nella causa Stasi c. Francia no. 25001/07, 20 ottobre 2011, in cui un detenuto sosteneva di essere stato oggetto di violenza motivata dall'odio da parte di altri detenuti, la Corte ha notato che le autorità carcerarie devono adottare misure adeguate per proteggere i detenuti dalla violenza e che il diritto interno deve fornire una protezione efficace e sufficiente contro i danni fisici.
95. Vari criteri dovrebbero essere soddisfatti perché le indagini che coinvolgono una persona detenuta siano considerate efficaci e in grado di portare all'identificazione e alla punizione dei responsabili di maltrattamenti, come enunciato dal CPT nel suo 14° Rapporto generale (CPT/Inf (2004)28), ai paragrafi 25-42. Tuttavia, data la natura particolarmente grave dei crimini d'odio commessi da funzionari statali nei confronti di coloro che sono sotto la tutela e la protezione dello Stato, è di fondamentale importanza che i principi di questa Raccomandazione relativi allo smascheramento dell'elemento d'odio e alla risposta ai crimini d'odio siano rispettati. Queste situazioni possono essere aggravate dalla difficoltà per chi è privato della libertà di denunciare i crimini d'odio e di accedere alla giustizia per sottoporre il loro caso. Gli Stati membri dovrebbero identificare, capire ed affrontare le ragioni particolari della mancata denuncia dei crimini d'odio da parte delle persone private della libertà e dovrebbero garantire l'introduzione di meccanismi di denuncia dei crimini d'odio che riflettano le raccomandazioni del CPT nel suo rapporto CPT/Inf(2018)4-part. Gli Stati membri dovrebbero riconoscere e combattere la natura particolarmente insidiosa dei crimini d'odio perpetrati contro i detenuti e le persone protette dai funzionari, anche agendo secondo le raccomandazioni del CPT formulate nel rapporto CPT/Inf(2004)28-part.
Migliorare l’efficacia del sistema di giustizia penale
Sui paragrafi 30-34
96. Affinché il sistema di giustizia penale risponda efficacemente ai crimini d'odio, è necessario stabilire un approccio sistemico negli Stati membri, per garantire che vi sia una condivisione di intenti, di politiche e di pratiche tra le varie istituzioni. Gli obiettivi di un processo efficace dovrebbero essere di accrescere la fiducia delle vittime nel sistema, di ridurre la sottodenuncia dei crimini d'odio, di aumentare la denuncia dei crimini d'odio, di condurre indagini adeguate sui crimini d'odio, di trattare i crimini d'odio nel processo di condanna, e di migliorare la gestione delle cause e rafforzare la cooperazione ed il coordinamento tra le istituzioni della giustizia penale. Questi obiettivi hanno maggiori probabilità di essere raggiunti se le politiche ed i processi sono condivisi tra le istituzioni e se si adotta un approccio basato su prove per superare gli ostacoli all'efficacia, che dovrebbe essere sviluppato in collaborazione con la società civile, ove necessario.
97. Questo principio fa parte integrante dell’attuazione dell'obbligo positivo dello Stato di proteggere la vita e l'integrità fisica da una minaccia reale o immediata di violenza, compresa la violenza indotta dall'odio (cfr. Opuz c. Turchia, 2009,e Kurt c. Austrian. 62903/15, 4 luglio 2019, per quanto riguarda la violenza fondata sul genere).
98. Di fatto, i dati vengono raccolti in modo diverso nei vari Stati membri e all'interno dei sistemi di giustizia penale (si veda inoltre l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga ed il Crimine, Classificazione Internazionale del Crimine per Scopi Statistici Versione 1.0, 2015). Per questo motivo, è fondamentale che gli organismi di giustizia penale adottino soluzioni praticabili per capire come i crimini d'odio evolvono nel processo (RPG n. 11 dell’ECRI § 12). Per collegare i dati tra le varie istituzioni della giustizia penale, l’ideale sarebbe utilizzare le stesse unità di conteggio in tutto il sistema. In alternativa, almeno nel breve termine, gli Stati potrebbero adottare un approccio in cui “segnalano” o “etichettano” un crimine che è stato identificato come comportante un elemento di odio, in modo che la sua evoluzione attraverso il sistema possa essere tracciato e conteggiato.
99. Tutti gli operatori delle forze dell'ordine e della giustizia penale dovrebbero ricevere informazioni pratiche e una formazione pertinente al loro ruolo all'interno del processo, e coloro che hanno ruoli specialistici nelle indagini sui crimini d'odio dovrebbero ricevere una formazione su misura, intensiva e continua a sostegno del loro ruolo. L'articolo 25 della Direttiva sui diritti delle vittime prevede che i funzionari atti ad entrare in contatto con le vittime ricevano “una formazione generale e specialistica di livello adeguato al loro contatto con le vittime, per sensibilizzarli maggiormente alle loro esigenze e consentire loro di assisterle in modo ‘imparziale, rispettoso e professionale’”.
100. La sottodenuncia dei crimini d'odio, spesso frutto della mancanza di fiducia dei gruppi protetti nei confronti delle forze dell'ordine, rappresenta un ostacolo significativo per gli Stati membri nella lotta ai crimini d'odio. Per questo motivo, è importante garantire che le vittime abbiano varie possibilità di denuncia, anche presso istituzioni indipendenti. Meccanismi di denuncia online ad hoc, ad esempio la piattaforma UNI-FORM, citata come pratica promettente dall'ECRI nel suo rapporto di monitoraggio del 6° ciclo sull'Ungheria, o True Vision nel Regno Unito, possono aiutare a superare tali barriere, fornendo alle vittime una serie di soluzioni per denunciare le loro esperienze. La denuncia online consente alla vittima di segnalare le proprie esperienze alle forze dell'ordine senza recarsi in commissariato. In genere, le vittime inseriscono i propri dati personali e poi un breve racconto della loro esperienza, che verrà analizzato dagli agenti di polizia e a cui verrà data risposta. Per esempio, l'An Garda Síochána, il servizio di polizia irlandese, propone un meccanismo con cui le vittime di crimini d'odio possono denunciare le loro esperienze, che vengono poi esaminate dai membri dell'Unità nazionale per la diversità e l'integrazione allo scopo di valutare le esigenze in materia di sostegno e di affidare le indagini alle unità locali. In Irlanda è fondamentale che le vittime possano denunciare la loro esperienza in forma anonima tramite questo iter, con la condizione dichiarata nel meccanismo di denuncia che questo limiterà notevolmente la capacità del servizio di indagare sull’episodio e perseguire l'autore del reato. Tuttavia, nei casi in cui le vittime desiderino informare la polizia del loro caso senza intentare un'azione penale formale, questa opzione di denuncia anonima online può essere una buona pratica. Gli Stati membri dovrebbero stabilire se le denunce anonime siano sufficienti ai fini della registrazione dei dati criminali, ma tutte le denunce di questo tipo dovrebbero essere archiviate e utilizzate a fini di intelligence. Tali azioni potrebbero essere ulteriormente integrate, ad esempio, da campagne mirate e da iniziative di responsabilizzazione, nonché dalla cooperazione con le organizzazioni della società civile, come indicato in dettaglio nel Principi guida fondamentali per incoraggiare la denuncia dei reati d'odio del 2021 del Gruppo di lavoro di alto livello della Commissione europea sulla lotta contro i discorsi e i crimini d'odio.
101. La trasparenza delle politiche, dei processi e delle funzioni è fondamentale per il funzionamento della giustizia e per garantire l'accesso alla giustizia a tutti. La Raccomandazione invita gli Stati membri a rendere pubblicamente accessibili e disponibili i protocolli, le linee guida e le politiche pertinenti, per quanto possibile in base alle norme di protezione dei dati esistenti, che possono aiutare gli operatori e il pubblico in generale a capire meglio ed a determinare il modo in cui i crimini d'odio vengono trattati all'interno e attraverso il processo di giustizia penale, compresi gli orientamenti sul trattamento delle vittime e dei gruppi protetti più in generale.
Polizia
102. La polizia è spesso il primo punto di contatto per le persone bersaglio di crimini d'odio. In generale, tutti gli agenti di polizia dovrebbero rispondere alle vittime di crimini d'odio in modo attento, imparziale e privo di giudizio, mostrando rispetto, apertura e comprensione nei confronti delle loro esperienze. Gli agenti di polizia incaricati delle indagini iniziali sui potenziali crimini d'odio hanno anche una particolare responsabilità per quanto riguarda lo smascheramento degli elementi d'odio e la raccolta di prove rilevanti per gli indicatori di pregiudizio. All'interno degli Stati membri dovrebbe esserci un approccio comune per riconoscere, stabilire e registrare i crimini d'odio, e per assicurarsi che gli episodi d'odio non criminali siano riconosciuti in modo appropriato, secondo le indicazioni fornite dalla RPG n. 11 dell'ECRI.
Sul paragrafo 35
103. Come indicato nella Raccomandazione, dovrebbero essere sviluppate politiche di assistenza alle vittime, in particolare per quanto riguarda la valutazione dei bisogni individuali. Poiché ogni vittima ha bisogni propri, unici per ognuna, la comprensione dei bisogni attraverso l'uso di una valutazione di questo tipo è ampiamente considerata una parte importante dell’interazione tra le vittime ed il sistema di giustizia penale. Una valutazione dei bisogni individuali dovrebbe essere condotta per ogni vittima che denuncia la propria esperienza alla polizia e dovrebbe essere effettuata da persone che abbiano ricevuto una formazione adeguata e tramite vari mezzi, tra cui colloqui telefonici o faccia a faccia, o videoconferenze in un orario e in una data adatti alla vittima, ove possibile. Queste valutazioni sono una buona pratica che consente di identificare precocemente i bisogni di sostegno e di protezione delle vittime. Tali valutazioni dovrebbero essere condotte in modo sensibile e rispondente a genere, disabilità e altre caratteristiche protette e descrivere le risposte chiave richieste dal sistema di giustizia penale allo scopo di rispondere ai bisogni della vittima nella fase più precoce del processo e di attivare gli interventi corrispondenti. Poiché i bisogni delle vittime cambiano nel corso della loro interazione con il sistema di giustizia penale, a seconda della loro situazione personale o dell'andamento delle indagini e del procedimento penale avviato, la valutazione dovrebbe essere ripetuta, rispondendo ai bisogni man mano che appaiono nel corso del tempo. Dovrebbe inoltre essere sufficientemente reattiva da cogliere sia i bisogni statici che quelli dinamici. In particolare, le valutazioni dei bisogni individuali possono anche aiutare ad attenuare un ulteriore rischio di rivittimizzazione di una persona da parte di un'istituzione a causa di processi sistemici inappropriati.
104. La RPG n. 11 dell'ECRI raccomanda, al paragrafo 14, che la definizione operativa di crimine d'odio da parte della polizia integri quello che negli Stati membri, come il Regno Unito, viene comunemente chiamato “test di percezione” o “test di Macpherson”, tratto dalrapportodi inchiesta Stephen Lawrence. In linea di massima, questo test prevede che la polizia registri un crimine come crimine d'odio quando è percepito come tale dalla vittima o da qualsiasi altra persona - un crimine d'odio è “qualsiasi episodio che sia percepito come [razzista, omofobico, contro una persona disabile, transfobico, ecc.] dalla vittima o da qualsiasi altra persona”. Questo approccio alla registrazione dei crimini è potenzialmente molto diverso dal modo in cui i reati vengono generalmente registrati negli Stati membri - alcuni registrano un reato al termine di un'indagine (note come “statistiche di uscita”); altri registrano i reati quando ne vengono informati per la prima volta (note come “statistiche di entrata”), oppure i casi possono essere registrati dopo una valutazione iniziale da parte degli specialisti di polizia dei crimini d'odio come aventi un possibile elemento di odio. Analogamente, la gamma di caratteristiche protette a cui può essere associato l'elemento di odio nei dati della polizia può essere ricavata precisamente dalla legislazione (si veda l'esempio); includere caratteristiche non identificate nella legislazione (ad esempio il cosiddetto “modello Merseyside”, in cui la polizia ha registrato i crimini d'odio contro i lavoratori del sesso in assenza di tale categoria nella definizione di crimine d'odio); o addirittura consentire la registrazione dei crimini d'odio in assenza di legislazione (ad esempio la Strategia per la diversità e l'integrazione 2019-2021 dell'An Garda Síochána, evidenziata dalla FRA dell'UE come una pratica promettente).
105. Quando si adotta un approccio di questo tipo per la registrazione dei crimini d'odio, come è indicato nei paragrafi 74-75 delle Motivazioni alla RPG n. 11 dell'ECRI, l'obiettivo è triplice. In primo luogo, invia alle vittime il messaggio che la loro voce sarà ascoltata, aumentando le segnalazioni e incoraggiando l'affidabilità. In secondo luogo, migliora la registrazione ed il monitoraggio degli episodi di razzismo e di altri crimini d'odio e, in terzo luogo, garantisce che la polizia indaghi approfonditamente su tutti i crimini d'odio. Garantisce fondamentalmente che la polizia non possa “trascurare” l’elemento di odio dei reati ordinari. Dovrebbero essere fornite indicazioni chiare anche sulle circostanze in cui la “bandierina” del crimine d'odio viene rimossa dal registro quando è associata ad un sospetto, in particolare quando tale bandierina apparirà sulla fedina penale o di polizia di un individuo. Le modalità di registrazione dei crimini nei sistemi di polizia dovrebbero essere adattate per consentire la registrazione dei crimini d'odio disaggregati per gruppo/i e per la produzione di dati disaggregati.
Sul paragrafo 36
106. Un modo per aiutare a smascherare l'elemento di odio nei crimini è la formulazione e l'operatività degli “indicatori di pregiudizio” o, più in generale, degli “indicatori di odio” nelle attività di polizia. Tali indicatori suggeriscono l’esistenza di un elemento di odio in un crimine e dovrebbero indurre gli agenti di polizia ad indagare ulteriormente sulla presenza di un elemento di odio. Possono variare a seconda della caratteristica protetta in questione, così come da Stato membro a Stato membro, e quindi dovrebbero essere sviluppati con attenzione utilizzando un approccio basato su prove concrete ed in collaborazione con la società civile che lavora nel campo dei crimini d'odio.
107. Il termine è definito dall'OSCE/ODIHR in Hate Crime Laws:A Practical Guide (Second Edition) come “fatti oggettivi, circostanze o schemi presenti in uno o più atti criminali che, da soli o associati ad altri fatti o circostanze, suggeriscono che le azioni dell'autore del reato sono state motivate, in tutto o in parte, da una qualsiasi forma di pregiudizio”. Gli indicatori di pregiudizio sono evidenziati dal Sottogruppo (del Gruppo di alto livello dell'Unione europea sulla lotta contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza) sulle metodologie per la registrazione e la raccolta di dati sui crimini di odio Migliorare la registrazione dei reati d’odio da parte delle autorità di polizia:Principi Guida chiave (2017) come strumento da utilizzare nella formazione delle forze dell'ordine su come identificare e registrare i crimini d'odio, ponendo l'accento, in tale formazione, sul “fornire indicazioni agli agenti su ciò che dovrebbero cercare attivamente” al fine di identificare l'elemento dell'odio nelle indagini di polizia. In particolare, questi indicatori non sono prove conclusive della presenza di un elemento di odio in un crimine, ma piuttosto “dovrebbero essere analizzati e capiti nel loro contesto e in rapporto gli uni con gli altri” (OSCE/ODIHR, Using Bias Indicators:A Practical Tool for Police (2019). Vari indicatori di questo tipo sono stati sviluppati da organismi di giustizia penale, e possono servire da indicatori indicativi per gli Stati membri, ma il contesto culturale e sociale dei crimini d'odio deve essere riflesso da indicatori di pregiudizio sviluppati all'interno e tra i servizi di polizia.
108. Sottolineata dall’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali come pratica promettente, in Germania, per tutti i crimini violenti - non solo quelli per i quali esistono indicatori di pregiudizio o per i quali la vittima ritiene che il crimine abbia avuto un elemento di odio - la polizia ha l'obbligo di indagare e documentare “sevi siano o meno prove che un movente di pregiudizio abbia provocato un reato”.
109. Tenuto conto della competenza e della formazione necessaria sia per sostenere le vittime sia per indagare sui crimini d'odio, si raccomanda di formare specialisti dei crimini d'odio nella polizia (§ 67 delle motivazioni alla RPG n. 11 dell'ECRI). La Commissione europea, nel suorapporto al Parlamento europeo sull'attuazione della decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro il razzismo, osserva che l'esistenza di unità di polizia specializzate nei crimini d'odio è stata particolarmente utile per sostenere l'attuazione della legislazione. Queste unità possono comprendere investigatori specializzati e agenti di sostegno alla comunità che hanno una formazione particolare in materia di sostegno alle vittime e di sensibilizzazione ai traumi. Mentre tutti i membri dei servizi di polizia dovrebbero essere formati sui crimini d'odio, gli investigatori specializzati necessitano di un'ulteriore formazione per indagare sui crimini d'odio, sostenere le vittime e le comunità colpite e prevenire i crimini d'odio, monitorando gli schemi di episodi d'odio ed intervenendo in modo appropriato. Gli investigatori specializzati in crimini d'odio possono anche avere il compito di diffondere la loro competenza all'intero corpo di polizia attraverso programmi di formazione ed altre forme di divulgazione.
Procuratori
Sul paragrafo 39
110. Il rapporto tra il processo investigativo e quello giudiziario è fondamentale per garantire che chi commette crimini d'odio sia assicurato alla giustizia. All'interno degli Stati, la funzione prosecutoria può essere svolta da diversi professionisti della giustizia penale, a seconda della gravità del reato in questione.
111. Non vi è alcun obbligo che i procedimenti giudiziari sfocino in condanne affinché tali obblighi siano soddisfatti, ma laddove sussistano prove di un elemento di odio, queste devono essere presentate e trattate durante il processo, perché il tribunale possa punire in modo appropriato i crimini d'odio (Sabalić c. Croazia, 2021, § 97). Data la gamma di istituzioni potenzialmente coinvolte nel perseguimento dei reati, è fondamentale che gli Stati sviluppino politiche standard per il perseguimento dei reati, tenendo conto degli obblighi positivi e procedurali che derivano dalla giurisprudenza della Corte in materia. Tali politiche dovrebbero includere lo sviluppo di un approccio comune all'interno degli Stati membri per il riconoscimento, la registrazione ed il perseguimento dei crimini d'odio, che dovrebbero essere tutti inseriti nelle banche dati criminali.
Sul paragrafo 40
112. I procuratori responsabili di perseguire i crimini d'odio dovrebbero ricevere una formazione sul perseguimento dei crimini d'odio, compresi i mezzi per smascherare l'elemento d'odio di un crimine e presentarlo in tribunale. Nei casi in cui si applica la discrezionalità nel perseguire un crimine d'odio, dovrebbero essere sviluppate chiare linee guida per il processo decisionale. Tali linee guida dovrebbero includere le circostanze in cui i procuratori possono astenersi dal presentare le accuse o raggiungere un accordo con l'imputato. Un esempio è dato dalCrown Prosecution Service (CPS) dell'Inghilterra e del Galles, in cui, conformemente alle istruzioni del procuratore generale sull’accettazione delle richieste e del ruolo del procuratore nella procedura volta a pronunciare la pena (Attorney General's Guidelines on the Acceptance of Pleas and the Prosecutor's Role in the Sentencing Exercise), la politica del CPS non prevede l'accettazione di richieste per limitare i capi d’accusa o di una base di patteggiamento inferiore, né l'omissione o la minimizzazione di prove ammissibili di un elemento di odio per accelerare la procedura.
Sul paragrafo 41
113. Come per la funzione di polizia dello Stato, si raccomanda l'introduzione negli Stati membri di procuratori specializzati in crimini d'odio, con il compito di assicurare che i crimini d'odio siano perseguiti in modo appropriato e che le procure trattino i casi di crimini d'odio usando rispetto nei confronti delle vittime. Tali procuratori specializzati potrebbero essere utilmente collegati alle unità di polizia specializzate (cfr. paragrafo 109 di cui sopra). Come è stato positivamente identificato nei rapporti di monitoraggio dell'ECRI, inGreciaè stato nominato un Procuratore per il perseguimento degli atti di violenza razzista, nellaRepubblica Slovaccaunità specializzate all'interno della polizia e della procura sono state incaricate di combattere i crimini d'odio e inFrancial'Ufficio centrale per la lotta contro i crimini contro l'umanità e i crimini d'odio è stato dotato di una divisione di investigatori specializzati nella lotta contro i crimini d'odio.
Sul paragrafo 42
114. Per una serie di ragioni, non tutti i crimini d'odio denunciati alla polizia saranno perseguiti. La Raccomandazione incoraggia gli Stati membri a prendere in considerazione l'elaborazione di linee guida per garantire che la decisione di non perseguire possa essere comunicata alla vittima, così come le ragioni per cui il reato non è stato perseguito (si veda ad esempio l'articolo 6 della Direttiva sui diritti delle vittime). Tali informazioni dovrebbero essere sufficienti per consentire alla vittima di decidere se richiedere un riesame della decisione di non perseguire il reato, e una procedura di riesame deve essere messa a disposizione delle vittime.
Giudici
Sul paragrafo 43
115. Come tutti gli altri professionisti della giustizia penale, i giudici svolgono un ruolo importante nel garantire che l'elemento di odio di un crimine sia smascherato e affrontato in modo appropriato nel sistema di giustizia penale. Fermo restando l'indipendenza della magistratura, la Raccomandazione consiglia agli Stati membri di garantire una formazione mirata per i giudici. Si suggerisce inoltre che gli Stati membri prevedano di incoraggiare i giudici a scambiare le proprie pratiche in materia di pene applicabili per crimini d'odio. Ciò potrebbe avvenire attraverso lo scambio di informazioni o la formazione giudiziaria, che potrebbe includere dettagli sul peso attribuibile all'elemento di odio di un crimine nella determinazione della pena, nonché sul modo in cui tale peso può essere articolato. Ai sensi della giurisprudenza della Corte, ad esempio, il tribunale che emette la sentenza dovrebbe spiegare la scelta della pena inflitta, per dimostrare che il caso è stato sottoposto a un attento esame (Sabalić c. Croazia,2021). Basandosi sulla giurisprudenza della Corte, il giudice dovrebbe spiegare le ragioni che l’hanno spinto a non tener conto di un elemento di odio o ad imporre una pena che, a prima vista, appare manifestamente sproporzionata rispetto alla gravità del crimine d'odio (cfr.Stoyanova c. Bulgaria, 2022, mutatis mutandis). Un approccio decisionale di questo tipo può essere una leva importante per garantire che, per una questione di trasparenza, l’elemento di odio di un reato comporti conseguenze giuridiche tangibili (Stoyanova c. Bulgaria,2022). Più in generale, gli Stati membri possono anche considerare di includere informazioni sui pregiudizi e le discriminazioni istituzionali; di sensibilizzare il potere giudiziario alla vittimizzazione da crimini d'odio; e le modalità di attuazione della legislazione, della giurisprudenza e di altre linee guida sulla determinazione delle pene e sulla redazione di sentenze e altre decisioni riguardanti i crimini d'odio.
Servizi e misure dopo una condanna
116. La Raccomandazione richiede lo sviluppo di linee guida e di materiale per la gestione, il trattamento e la valutazione degli autori di reati di odio nella fase successiva alla condanna. A tal fine potrebbe essere necessario investire in ulteriori politiche e programmi finalizzati alla riabilitazione, ad interventi mirati in ambito carcerario e alla preparazione per il rilascio e il reinserimento nella società.
Sui paragrafi 45-46
117. Gli autori di reati di odio possono richiedere interventi specifici nei contesti carcerari e di libertà vigilata a causa della particolare natura del reato. La prevenzione della recidiva e della reiterazione del reato dovrebbe essere al centro di questi sforzi, accanto ai normali obiettivi di riabilitazione presenti in questi contesti. In Europa, un numero crescente di Stati membri ha avviato programmi e interventi in ambito carcerario e di libertà vigilata rivolti agli estremisti violenti e agli autori di reati di terrorismo, volti o a ridurre l’adesione all'ideologia soggiacente e alle sue giustificazioni della violenza (spesso definita deradicalizzazione) o a ridurre i legami sociali o tagliare i legami con le organizzazioni ed i gruppi estremisti (spesso definita disimpegno o lavoro terziario/di uscita). Tuttavia, questi programmi possono riguardare solo un piccolo sottoinsieme degli autori di crimini d'odio in senso lato, che potrebbero non aver commesso il reato nel contesto di un movimento estremista o ideologico strutturato o organizzato, ma nel corso della vita “quotidiana”. Sebbene ciò sia stato complicato dall'ascesa di movimenti estremisti non organizzati o “senza leader” che operano principalmente attraverso i canali digitali e le comunicazioni online, è ancora possibile fare una distinzione tra i seguaci devoti di un'ideologia odiosa e i delinquenti non affiliati che hanno, o hanno avuto, opinioni odiose e bigotte che hanno portato a commettere un crimine d'odio. In ogni caso, la riabilitazione e gli interventi mirati dovrebbero essere volti ad aiutare gli autori del reato ad affrontare, per quanto possibile, i loro atteggiamenti di odio ed i loro pregiudizi, nonché i problemi psicologici e comportamentali che li hanno indotti a commettere reati, promuovendo al contempo un comportamento pro-sociale, una riduzione della capacità e della volontà di commettere violenza e altre misure in preparazione del reinserimento nella società dopo l’espiazione della pena e/o il rilascio.
Sul paragrafo 47
118. Quando un individuo viene giudicato colpevole di un reato, questa decisione viene di norma iscritta nel suo casellario giudiziario. Nel caso in cui un individuo sia stato ragionevolmente sospettato, ma non condannato, per un crimine d'odio, dovrebbero essere messi in atto protocolli chiari, se necessario nella legislazione, per prevedere il caso in cui un sospetto ragionevole debba essere comunicato durante la verifica o l’abilitazione da parte della polizia quando un individuo si candida ad un posto per lavorare con gruppi bersaglio di crimini d’odio: si veda, ad esempio, l'articolo 11-2 del Codice di procedura penale francese.
Segnalazione da parte di terzi, monitoraggio e raccolta dati
Segnalazione da parte di terzi
Sul paragrafo 48
119. Quando si tratta di capire e rispondere alle esigenze delle vittime di crimini d'odio, le statistiche ufficiali possono fornire un quadro incompleto e quindi non si può fare pieno affidamento su di esse per fornire una base sufficiente di prove per le decisioni politiche. Fonti terze possono fornire una serie di informazioni più ampie e collegamenti più diretti con le comunità e le organizzazioni della società civile che sostengono le vittime di crimini d'odio attraverso vari mezzi. Inoltre, per fornire un quadro più completo dei crimini d'odio in una specifica località, possono essere necessarie regolari indagini internazionali, nazionali o regionali sulla vittimizzazione, molte delle quali sono citate nei rapporti di monitoraggio dell'ECRI. Le risposte alla criminalità a livello individuale, comunitario e della società dovrebbero essere basate su prove sia in termini di risposta a chi ne ha bisogno, sia in termini di efficacia di qualsiasi risposta legislativa alla criminalità.
Monitoraggio e raccolta di dati
Sul paragrafo 49
120. Le indagini sulla vittimizzazione sono essenziali per capire l'esperienza del crimine ed in particolare per i crimini d'odio, per i quali le vittime possono essere meno propense a denunciarne gli episodi alla polizia. I dati delle indagini sulla vittimizzazione sono importanti perché l'esperienza del crimine e la paura del crimine hanno un impatto diretto sul senso di benessere e sulla qualità della vita. Tuttavia, l'accesso alle popolazioni per condurre le indagini può essere difficile. È necessario considerare un metodo di campionamento specifico per i dati sui crimini d'odio, poiché è probabile che alcuni gruppi della società siano più difficili da campionare. Nel caso dei crimini d'odio, è possibile che alcuni gruppi a maggior rischio di vittimizzazione (ad esempio, i membri di determinati gruppi) non siano inclusi nel campionamento generale, e quindi dovrebbero essere oggetto di metodologie appositamente studiate per garantire che le loro esperienze siano incluse. Un esempio di questo tipo di approccio è il campionamento mirato, che consiste nel ricercare e contattare persone appartenenti ad un gruppo specifico (ad esempio, Rom o disabili) per garantirne la partecipazione. Le indagini sulla vittimizzazione possono fornire informazioni sui livelli e sulle tendenze della criminalità, sulla paura del crimine, sulla percezione della minaccia, sull'incidenza delle vittimizzazioni ripetute e sui livelli di fiducia nel sistema di giustizia penale. Si raccomanda di ripeterle nel tempo per verificare i progressi e valutare la legislazione e le politiche. I dati delle indagini sulla vittimizzazione dovrebbero essere comparabili tra le varie giurisdizioni, per cui l'ideale è una metodologia consolidata. Le indagini sulla vittimizzazione dovrebbero anche includere di routine un modulo di base sui crimini d'odio e garantire l'inclusione di un campione rappresentativo di gruppi protetti. Un buon esempio sono le indaginiLGBTIeEU-MIDIS della FRA, che contengono dati dettagliati sulla vittimizzazione, nonché laterza indagine della FRA sulla discriminazione e i crimini d'odio contro gli ebreie l'indagine sui Rom.
121. Un monitoraggio efficace dei crimini d'odio nella società è essenziale per calibrare correttamente le risposte a tutti i livelli. Questo processo può richiedere la raccolta regolare di dati da parte di una serie di istituzioni e attori in tutto lo Stato. Questi dati amministrativi (ad esempio, i crimini registrati dalla polizia, i dati dei tribunali e delle carceri), in combinazione con i dati delle indagini sulla vittimizzazione, sono utilizzati dall'ECRI nei suoi rapporti di monitoraggio per Paese per formare l'approssimazione più vicina al livello effettivo di criminalità. Il divario tra il numero di crimini denunciati e l'incidenza effettiva della criminalità è talvolta indicato come “cifra oscura della criminalità”; il livello effettivo di criminalità comprende i dati amministrativi sulla criminalità più la cifra oscura della criminalità. Senza questi dati di indagine sulla vittimizzazione, è molto difficile avere un quadro realistico dei livelli reali di criminalità.
122. Oltre a poter approssimare il livello effettivo di criminalità, è importante poter collegare i dati sui crimini d'odio in modo significativo e coerente. Ad esempio, per capire il fenomeno della diminuzione dei casi di crimini nel sistema giudiziario penale, è necessario poter seguire i dati relativi alle denunce (quanti casi di crimini d'odio sono stati denunciati), ai rinvii a giudizio (quante persone sono state accusate), all'azione penale (quante persone sono state perseguite e per cosa), alla detenzione (quante persone sono state condannate, per cosa e per quanto tempo?), almeno attraverso l'uso di marker specifici per i crimini d'odio. Il monitoraggio di tali crimini in alcune giurisdizioni ha registrato cali molto bruschi tra il numero di crimini denunciati ed il numero di individui sanzionati. Condividendo i dati amministrativi in modo significativo e standardizzato, gli Stati possono capire e rispondere a questa traiettoria e condividere le informazioni pertinenti tra le varie giurisdizioni. La Raccomandazione chiarisce inoltre che tali dati dovrebbero essere raccolti e condivisi solo nel rispetto delle norme applicabili in materia di protezione dei dati.
123. Nel caso dei crimini d'odio, una lacuna fondamentale nei dati amministrativi è rappresentata dai crimini che non vengono denunciati alla polizia. Inoltre, esistono ulteriori lacune dovute al fatto che alcuni casi denunciati non sono registrati come crimini d'odio (ma sono registrati come reati minori, ad esempio). Chi lavora con i dati delle indagini sulla vittimizzazione deve essere consapevole che anche questi possono presentare delle lacune, ad esempio, è probabile che escludano i bambini (sotto i 18 anni) e che non riescano a coprire tutta la popolazione (ad esempio, le persone senza statuto legale di residenza). Inoltre, le indagini sulla vittimizzazione si basano sul fatto che un individuo o una famiglia riconoscano la propria esperienza come un crimine e siano disposti a condividere queste informazioni.
124. Un monitoraggio e un controllo efficaci sono necessari per garantire che le politiche e le azioni mirate o di risposta ai crimini d'odio siano efficaci, proporzionate e sostenibili. Spesso è necessaria una solida raccolta di dati per fornire sufficiente chiarezza sull'intera gamma di misure di lotta contro i crimini d'odio. I dati disaggregati, che identificano fattori quali il tipo di crimine e le caratteristiche personali, possono contribuire a facilitare la mappatura di come si manifestano i crimini d'odio, nonché a verificare se vi siano impatti diversi tra i gruppi presi di mira dai crimini d'odio. Tali dati possono contribuire all’elaborazione e all’attuazione di misure preventive specifiche per migliorare la protezione di questi gruppi. In linea con i principi del libero accesso, tali dati dovrebbero essere resi pubblici per quanto possibile e nel rispetto delle norme di protezione dei dati. Analogamente, le buone prassi vorrebbero che tutti questi dati, così come le politiche e le procedure della giustizia penale, fossero resi disponibili per l'esame da parte degli attori interessati su base ciclica.
Prevenzione
Sui paragrafi 55-56
125. La prevenzione dei crimini d'odio può essere intesa in vari modi. Nel senso più ampio, affrontare le cause ed i fattori soggiacenti che favoriscono l'odio nella società (a volte chiamati “fattori di base”) può costituire una parte fondamentale degli sforzi di prevenzione. Analogamente, la prevenzione può comportare una serie di misure e mezzi specifici per evitare che certi episodi di crimini d'odio si verifichino o si ripetano, o per evitare che una minaccia valutata si manifesti in un episodio di crimine d'odio. Tuttavia, come rilevato da diversi rapporti di monitoraggio per paese dell'ECRI e dalle Raccomandazioni di Politica Generale, le dinamiche dell'esclusione dipendono fortemente dal contesto e possono variare nel tempo e nei diversi spazi. Esiste quindi una serie di forme di odio, pregiudizio, stigmatizzazione ed esclusione specifiche al contesto, che possono manifestarsi sia negli atteggiamenti e nelle azioni individuali, sia strutturalmente nelle politiche o nei contesti istituzionali (cfr., ad esempio, il paragrafo 10 della RPG dell'ECRI n. 5(rev)). I fattori soggiacenti sono spesso stratificati e intersezionali, e si sovrappongono ad una serie di sentimenti negativi verso persone, caratteristiche, identità, comportamenti, credenze, comunità e “altri” che possono essere presenti in una società.
126. La storia ci insegna che è più probabile che gli orribili atti di crimini d’odio avvengano nelle società in cui il discorso negativo e odioso sulle minoranze è diffuso e socialmente accettabile. I cambiamenti fondamentali e a lungo termine verso la piena inclusione, il maggior rispetto e la riduzione dell'odio di gruppo sono processi culturali lenti e non lineari, ma i fatti hanno dimostrato che l'attivismo, l'educazione e gli sforzi politici sostenuti sono necessari per produrre cambiamenti positivi e duraturi.
127. Oggi i discorsi e le ideologie dell’odio si diffondono principalmente attraverso i social media e altre piattaforme online. I gruppi d'odio stanno sempre più spostando la maggior parte delle loro attività dalle strade ai social media, che sono diventati l'arena principale per il reclutamento e la radicalizzazione. Alcuni passano dal discorso online alla violenza offline. Un approccio per limitare la diffusione delle ideologie e delle reti dell'odio è quello di chiudere i siti dell'odio sui social media o altri mezzi di propaganda. Tuttavia, quest'ultimo approccio può essere in conflitto con i principi della libertà di espressione (Articolo 10 della Convenzione) e della libertà di associazione (Articolo 11 della Convenzione). Il monitoraggio di tali siti, spesso effettuato da servizi di sicurezza, forze dell'ordine, giornalisti e organizzazioni della società civile, è un modo utile per individuare e smantellare complotti o altri segnali di radicalizzazione o minacce emergenti, nonché per rendere più mirati gli sforzi di prevenzione (cfr.CM/Rec(2022)16).
128. Spostando l'approccio preventivo dalle condizioni contestuali o sociali alle persone, si può fare un'utile distinzione tra prevenzione universale (o primaria), prevenzione selettiva (o secondaria) e prevenzione indicata (o terziaria). Le misure di prevenzione universale si rivolgono a interi gruppi di popolazione, come ad esempio tutti i bambini in età scolare, con l'obiettivo di favorire buone condizioni di vita e promuovere valori pro-sociali e democratici, sviluppando così la resilienza contro i pregiudizi, l'odio di gruppo o l'estremismo. Le misure di prevenzione selettiva si rivolgono a gruppi ed individui che rischiano di sviluppare atteggiamenti di pregiudizio o di odio nei confronti di alcuni gruppi, di solito perché sono esposti ad una serie di possibili fattori di rischio, come l'emarginazione sociale, l'insuccesso scolastico, la vittimizzazione del bullismo, gli amici antisociali, le narrative estremiste e altre influenze. Molti di questi fattori di rischio possono essere affrontati con interventi mirati in una fase quanto più precoce possibile. Le misure di prevenzione terziaria si rivolgono a coloro che sono attivamente coinvolti in gruppi o crimini di odio. Gli interventi mirano a modificare i comportamenti negativi attraverso la dissuasione o l'interruzione dei crimini d'odio, la neutralizzazione dei colpevoli o la messa al bando dei gruppi d'odio, ma anche attraverso misure più positive per facilitare la deradicalizzazione da atteggiamenti e ideologie d'odio, il disimpegno dai gruppi e dalle attività d'odio e la reintegrazione nella società. Non ci sono confini netti tra questi tre livelli di prevenzione, poiché alcune misure possono avere un impatto, ad esempio, sulle persone a rischio e su quelle attivamente coinvolte in attività e crimini di odio.
129. Per quanto riguarda la prevenzione universale, la costruzione di barriere normative e la resilienza contro idee e atteggiamenti di odio, la prevenzione di pregiudizi, stereotipi e altre forme di odio di gruppo è un compito condiviso da molte istituzioni e attori della società: famiglie, scuole, istituzioni religiose, organi politici e un'ampia gamma di organizzazioni della società civile. Le organizzazioni e le istituzioni che promuovono i diritti umani, la tolleranza, la lotta alla discriminazione ed il sostegno alle minoranze sono in prima linea nella lotta contro l'odio di gruppo e dovrebbero ricevere sostegno finanziario e di altro tipo.
130. Sebbene gli atteggiamenti di odio non portino automaticamente a comportamenti di odio, l'odio nei confronti di alcune categorie di persone può motivare atti di crimini d'odio contro i membri di tali gruppi. Lo sviluppo dell'empatia, dei valori democratici e della comprensione dei diritti umani può servire da vaccino contro l'intolleranza, la discriminazione e i crimini d'odio. I principali modi per costruire questi valori positivi e barriere normative contro l'odio sono la socializzazione generale dei bambini e dei giovani in famiglia, a scuola e in un'ampia gamma di istituzioni, organizzazioni e attività pro-sociali della società civile. L'istruzione è un ambito primario per costruire valori democratici e civici tra i bambini ed i giovani. I diritti umani, la democrazia, la tolleranza e il pensiero critico dovrebbero essere integrati come temi trasversali nei programmi scolastici a tutti i livelli.
131. Le persone non si uniscono necessariamente a gruppi che incitano all'odio perché hanno opinioni odiose; spesso si uniscono a questi gruppi estremisti (o a siti online) per una serie di ragioni sociali e successivamente adottano opinioni odiose o estremiste come conseguenza dell'essere socializzati nel gruppo o nell'ambiente. Poiché i giovani partecipanti sono guidati principalmente da bisogni sociali piuttosto che dall'ideologia, i giovani a rischio possono essere orientati verso gruppi o ambienti più prosociali se i loro bisogni sociali possono esservi meglio soddisfatti. L'identificazione di questi giovani vulnerabili richiede conoscenze e competenze specifiche da parte di insegnanti, animatori socioeducativi, polizia e altri professionisti.
132. Esistono molte possibilità per affrontare le condizioni sociali e politiche che possono portare gli individui a nutrire sentimenti di pregiudizio e odio. Nella Raccomandazione sono delineati diversi approcci, che mirano in generale a sensibilizzare l'opinione pubblica, educare, formare e utilizzare misure di controdiscorso che sostengono un'azione più ampia per identificare in modo proattivo i fattori ed i comportamenti che favoriscono i crimini d'odio. Uno degli approcci principali è quello di concentrarsi sulle misure educative e sugli interventi precoci. Può trattarsi di identificare e trattare le cause psicologiche e sociologiche che possono portare le persone a nutrire sentimenti di pregiudizio e odio verso gli altri. La ricerca ha suggerito che la predisposizione di un individuo a sviluppare atteggiamenti di odio dipende dall'esposizione a tali credenze e ideologie e può essere amplificata da fattori ambientali, in particolare dalla prevalenza di narrative, idee o ambienti odiosi. Pertanto, lo sviluppo di atteggiamenti di odio nei confronti di alcuni gruppi è spesso causato o influenzato da una varietà di ideologie e dottrine che promuovono l'ostilità nei confronti di gruppi esterni. Tali idee possono essere contrastate con argomenti razionali e contro- narrative, nonché con il dialogo e gli incontri positivi con i membri della comunità interessata. Sono necessarie ulteriori ricerche per identificare i fattori che facilitano e inducono i crimini d'odio, e in particolare per determinare l’impatto dei vari interventi proattivi e reattivi sul comportamento dei (potenziali) autori di crimini d'odio.
133. Risolvere e rifiutare questi pregiudizi radicati non è un compito facile (cfr. paragrafo 100 delle Motivazioni alla RPG n. 15 dell'ECRI sulla lotta contro il discorso dell'odio), da qui l’appello della Raccomandazione per strategie efficaci e ricerca sui fattori che generano l'odio. Individui e gruppi sono oggetto di crimini d'odio per una molteplicità di ragioni pregiudizievoli che a volte si sovrappongono, a volte sono incoscienti ed a volte sono profondamente radicate nella società nel suo complesso. Tra questi, vi sono i casi in cui persone e gruppi vengono presi di mira a causa della loro reale o percepita emarginazione sociale; perché si ritiene che abbiano troppo potere o influenza nella società; o perché si ritiene che contravvengano a determinate norme o aspettative sociali.
134. Un altro approccio può includere mezzi per ridurre l'emarginazione sociale dei gruppi colpiti e favorire l'uguaglianza e la promozione della comprensione e della diversità delle identità combinate (intersezionalità). Queste misure possono essere ampiamente finalizzate a migliorare la comprensione interculturale, nonché a migliorare gli sforzi per includere positivamente le comunità emarginate negli spazi sociali e civili, come le politiche volte a migliorare la partecipazione all'istruzione, all'occupazione, alla comunità o alla politica.
Sul paragrafo 57
135. Le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo chiave nella promozione dell'inclusione sociale e della partecipazione democratica. Questo ruolo può indirettamente derivare dalla partecipazione ad attività sociali, gruppi o reti, ad esempio, anche quando l'obiettivo primario dell'organizzazione è incentrato su sport, tempo libero o cultura. D'altro canto, alcune organizzazioni della società civile hanno come ruolo primario il sostegno alle singole vittime, il sostegno alla comunità, la sensibilizzazione sui pregiudizi nella società. In quanto tali, di solito sostengono le singole vittime, offrono sostegno alla comunità e sensibilizzano l'opinione pubblica sui pregiudizi nella società, oltre a sostenere o cercare di influenzare il discorso pubblico e promuovere la diversità ed i diritti umani nella società a lungo termine. Dato l'importante ruolo che questi gruppi hanno nel più ampio sforzo di prevenzione dei crimini d'odio, la Raccomandazione incoraggia gli Stati a sostenere finanziariamente e incoraggiare le organizzazioni della società civile e i loro sforzi per promuovere l'inclusione sociale, la tolleranza e i diritti umani.
Sul paragrafo 58
136. Sebbene tutti gli atti di crimini d'odio debbano essere adeguatamente indagati, ciò è particolarmente importante per gli atti più gravi di crimini d'odio violenti. Il successo delle indagini può non solo consegnare i responsabili alla giustizia, ma anche prevenire futuri attacchi violenti da parte di gruppi o attori solitari. Gli omicidi seriali contro le minoranze sono stati il modus operandi di alcuni dei più crudeli autori di crimini d'odio in Europa, che hanno continuato le loro campagne omicide fino a quando non sono stati catturati e resi inoffensivi. I casi includono serial killer solitari in Austria e Svezia, uno squadrone della morte anti-Rom in Ungheria e il National Socialist Underground in Germania. Un problema ricorrente è stato che la polizia non ha riconosciuto questi attacchi come casi di crimini d'odio o di terrorismo di estrema destra, ma ha continuato ad indagare su di essi come se fossero legati a conflitti tra bande o famiglie o alla criminalità organizzata - che era esattamente ciò che gli autori a volte volevano per ingannare la polizia e stigmatizzare le vittime (cfr. il rapporto di monitoraggio per paese del 5°ciclo dell'ECRI sullaGermania, §§ 50 e seguenti). Queste indagini fallite sono costate molte vite e sottolineano che le risposte alle vittime di crimini d'odio dovrebbero essere basate sui bisogni piuttosto che legate alla categorizzazione formale di un crimine come crimine d'odio.
137. Un'altra sfida degli ultimi anni è rappresentata dalle sparatorie di massa compiute da attori solitari, spesso radicalizzati alla violenza, talvolta attraverso interazioni online. Come gli omicidi seriali descritti sopra, questi attacchi con sparatorie di massa potrebbero essere classificati sia come crimini d'odio che come atti di terrorismo, essendo ispirati dall'odio pur mirando al contempo a diffondere paura e terrore in una particolare comunità presa di mira - ad esempio, le sparatorie mortali a Halle e Hanau in Germania; a Oslo e Utøya in Norvegia; e a Bratislava in Slovacchia, che hanno preso di mira centri ebraici, musulmani, spazi della comunità LGBTI e oppositori politici. Questi casi hanno evidenziato le sfide che le forze dell'ordine ed i servizi di sicurezza devono affrontare per individuare e sventare in anticipo questi complotti terroristici, impedendo così agli autori di portare a termine i loro piani di attacco. Sebbene molti complotti di crimini d'odio violenti siano stati individuati e fermati in tempo, ci sono stati anche diversi fallimenti dell'intelligence in cui la polizia e i servizi di sicurezza non sono stati in grado di “unire i puntini”. Dato che i complotti di questa natura possono comportare preparativi materiali, comunicazioni offline e online e “fughe di notizie” che potrebbero fungere da segnali di allarme di possibili crimini d'odio, il fatto che questi complotti non siano stati scoperti in tempo può essere dovuto ad un’insufficienza di dati, ad una mancanza di immaginazione o a competenze insufficienti, ad un mancato scambio di informazioni pertinenti con altri servizi o alla mancata adozione di misure operative preventive che avrebbero potuto sventare il complotto o almeno ridurne il rischio.
138. Negli ultimi decenni, l'attenzione delle forze dell'ordine e dell'intelligence si è concentrata in gran parte su potenziali terroristi associati ad Al-Qaeda o all'ISIL (Da'esh), il che ha potenzialmente portato a non accordare sufficiente attenzione alle minacce provenienti da gruppi o ideologie violente di estrema destra o da autori di crimini d'odio. I servizi di polizia, le agenzie di intelligence, i professionisti dell'antiterrorismo e gli esperti di prevenzione e contrasto dell'estremismo violento (P/CVE) potrebbero quindi aver risentito di una prospettiva troppo ristretta e di pregiudizi istituzionali riguardo alla provenienza delle possibili minacce di crimini d'odio o di violenza alimentata dall'odio. La situazione è cambiata di recente e molti servizi di polizia e di sicurezza europei sembrano ora considerare il potenziale di queste due principali forme di terrorismo contemporaneo su un piano di relativa parità (si veda ad esempio il rapporto di monitoraggio del 5° ciclo dell'ECRI sullaGermania, § 53). Inoltre, è importante considerare anche i fattori legati all'età nella perpetrazione dei crimini d'odio, e notare che i crimini d'odio registrati hanno coinvolto autori di tutte le età. Detto questo, l'interruzione precoce e possibilmente la neutralizzazione è la strategia preventiva più pertinente nei confronti di questi attori.
139. Le indagini proattive ed il lavoro di intelligence richiedono tecniche investigative speciali, come varie forme di sorveglianza, intercettazioni e infiltrazioni. Tali metodi investigativi sono contemplati nella Raccomandazione CM/Rec(2017)6 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle “tecniche investigative speciali” in relazione a reati gravi, compresi gli atti di terrorismo. Secondo tale Raccomandazione, per “tecniche investigative speciali” si intendono le tecniche applicate dalle autorità competenti nel contesto di indagini penali al fine di prevenire, individuare, indagare, perseguire e reprimere reati gravi, con l'obiettivo di raccogliere informazioni in modo tale da non allarmare le persone bersaglio. Per quanto riguarda l'uso di tecniche investigative speciali a livello nazionale, i paragrafi 3 e 4 della Raccomandazione CM/Rec(2017)6 indicano che gli Stati membri dovrebbero, in conformità con i requisiti della Convenzione e la pertinente giurisprudenza della Corte, “garantire che le circostanze e le condizioni in cui le autorità competenti sono autorizzate a ricorrere all'uso di tecniche investigative speciali siano previste dalla legge con sufficiente chiarezza” (paragrafo 3). Inoltre, “gli Stati membri dovrebbero adottare misure legislative adeguate per consentire l'uso di tecniche investigative speciali al fine di metterle a disposizione delle autorità competenti, nella misura in cui ciò sia necessario in una società democratica ed indispensabile per un'indagine e un'azione penale efficaci. La legislazione nazionale dovrebbe offrire garanzie adeguate ed efficaci contro le pratiche arbitrarie e abusive, in particolare per quanto riguarda il diritto a un processo equo, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, compreso il diritto alla protezione dei dati personali, la libertà di espressione e di comunicazione, il diritto a un ricorso effettivo e la protezione del diritto di proprietà, come sancito rispettivamente dagli articoli 6, 8, 10 e 13 della Convenzione e dall'articolo 1 del Protocollo 1 alla Convenzione (paragrafo 4).
Sul paragrafo 59
140. La Raccomandazione riconosce che molte forme di crimine d'odio non sono rivolte direttamente contro individui o comunità, ma contro spazi, strutture ed eventi associati ad un particolare gruppo target. Ciò può includere luoghi di culto religioso, centri comunitari, spazi ricreativi o di intrattenimento, siti culturali, nonché attività commerciali e imprese appartenenti o gestite da membri di una particolare comunità, tra molti altri. La cosiddetta “prevenzione situazionale” è una strategia che mira a ridurre le opportunità di crimine attraverso misure che rendono più impegnativo e difficile portare a termine gli attacchi, o aumentando le possibilità di essere scoperti e quindi interrotti. Spazi ed edifici di rilievo come moschee, chiese, sinagoghe, centri per rifugiati, bar LGBTI, parate del pride, celebrazioni religiose e strutture simili o eventi associati alle minoranze sono particolarmente esposti agli attacchi dei gruppi d'odio. In particolare, lo Stato dovrebbe rispondere alle minacce rivolte a questi spazi con rapidità e dovuta diligenza, in particolare facilitando l’instaurazione di misure di protezione, tra cui, ma non solo, il controllo degli accessi, porte blindate o altre barriere fisiche, aree di sorveglianza, guardie di sicurezza e presenza della polizia. Le misure di protezione hanno lo scopo di scoraggiare e dissuadere i potenziali autori di reati, ma anche di proteggere le potenziali vittime. Le forze dell'ordine, i servizi di sicurezza e altri enti pubblici e privati devono cercare di assistere ed aiutare le istituzioni, gli spazi e gli edifici potenzialmente esposti ai crimini d'odio ad attuare misure di sicurezza pertinenti per aumentare la loro sicurezza e protezione. Le risposte devono essere adeguate al livello di minaccia e possono includere misure tecniche o strutturali appropriate. Per garantire un'efficacia a lungo termine, si dovrebbero prendere in considerazione altre misure, come l'educazione e la sensibilizzazione alla sicurezza, la formazione del personale e delle comunità che utilizzano tali spazi. È importante sottolineare che, data la natura simbolica della violenza contro un sito culturale o identitario chiave, si deve riconoscere che il danno subito dalla comunità associata non deve essere ignorato. Lo stesso vale per la messa in sicurezza di eventi che potrebbero offrire occasioni di commettere attacchi violenti o altri crimini d'odio.
Raccomandazioni riguardanti gli attori chiave
Sul paragrafo 60
141. Sebbene il sistema giudiziario penale possa essere uno dei mezzi più visibili con cui lo Stato affronta i crimini d'odio, la lotta all'odio dovrebbe essere un compito della società nel suo complesso. Attraverso le loro strategie nazionali di lotta all'odio, al razzismo e ad altre forme di intolleranza, gli Stati membri dovrebbero prevedere l’attuazione di un approccio a livello statale per combattere l'odio, anche attraverso gli operatori sanitari, i settori educativi, i servizi di giustizia riparativa e gli operatori in prima linea. Tali istituzioni dovrebbero sviluppare politiche e integrare nel loro lavoro principi che tengano conto dei traumi, garantendo che le persone colpite dall'odio e dai crimini d'odio siano adeguatamente sostenute. Considerando l'odio come un continuum che comprende i discorsi e i crimini d'odio, i paragrafi 29-43 della RaccomandazioneCM/Rec(2022)16dovrebbero essere considerati come ampiamente applicabili ai crimini d'odio per quanto riguarda le raccomandazioni rivolte ai funzionari pubblici, agli organi eletti ed ai partiti politici, agli intermediari di Internet, ai media e alle organizzazioni della società civile.
Funzionari pubblici, organi eletti e partiti politici
Sul paragrafo 61
142. Ai fini della Raccomandazione, il termine “funzionari pubblici” comprende i membri del corpo legislativo, del governo, del potere giudiziario e di altri enti pubblici, nonché i leader della comunità e della società. I politici ed i funzionari pubblici, per via dell'influenza positiva e negativa che esercitano sugli altri in virtù della loro posizione, svolgono un ruolo di primo piano nel plasmare e contribuire al discorso pubblico e all’elaborazione delle politiche. In particolare, i rappresentanti eletti ed i parlamentari svolgono un ruolo cruciale nell'approvazione e nella promozione di misure legislative volte a combattere e prevenire i crimini d'odio in tutte le loro forme e manifestazioni. Tutti questi responsabili pubblici dovrebbero promuovere una cultura dell'inclusione e dei diritti umani e condannare attivamente, per quanto possibile, i crimini d'odio. In caso di violazione dei loro doveri a questo proposito, dovrebbero essere disponibili meccanismi di denuncia indipendenti.
Sistemi educativi
Sui paragrafi 62-63
143. I sistemi educativi dovrebbero essere considerati dagli Stati membri uno strumento chiave per riconoscere ed affrontare gli impatti particolarmente insidiosi dei crimini d'odio sui giovani. A questo proposito, i capitoli II e III della RPG n.10 dell'ECRI sulla lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale nell'ambito e per mezzo dell’educazione scolastica contengono una serie di raccomandazioni pertinenti che dovrebbero essere adottate e adattate per essere applicate anche ad altre caratteristiche protette. In questo contesto, l'ECRI ha fornito un esempio di buona pratica nello “Scudo contro l'omofobia”, organizzato a Cipro sotto l’egida del Ministero dell'Istruzione e della Cultura, del Commissario per l'Amministrazione e i Diritti Umani e del Commissario per i Diritti dei Bambini, per formare educatori di diversi livelli sul tema dell'omofobia nelle scuole. I casi di crimini d'odio possono rientrare in un problema più ampio di bullismo in ambito scolastico, soprattutto quando sono presenti elementi di odio. Sebbene il bullismo generale possa concentrarsi su un'ampia gamma di caratteristiche delle vittime e tutte le forme di bullismo debbano essere fermate e affrontate adeguatamente dal personale scolastico, il bullismo dovuto all'identità delle vittime come minoranze etniche, religiose, di orientamento sessuale, di espressione di genere, di disabilità o altre minoranze protette deve essere preso particolarmente sul serio dal personale scolastico e dalla dirigenza. L'importanza di un intervento precoce a questo proposito non può essere sottolineata abbastanza. Qualsiasi caso che implichi un'attività criminale deve ovviamente essere segnalato alla polizia dalle autorità scolastiche.
144. Dovrebbe essere adottato un approccio basato sulla ricerca e sulla qualità per la formazione degli insegnanti e per lo sviluppo di risorse pedagogiche da utilizzare nelle aule scolastiche nell'ambito dell'istruzione primaria e post-primaria. L'educazione ai diritti umani, l'educazione alla cittadinanza democratica, ai media e l'alfabetizzazione informatica, che dovrebbero tutte affrontare i discorsi d'odio offline e online, dovrebbero essere integrate nel programma di istruzione generale in tutte le fasi. La diversità e l'inclusione dovrebbero essere integrate nelle politiche educative, nella formazione degli insegnanti, nella formazione continua e nello sviluppo dei programmi di studio, nonché attraverso le risorse pedagogiche. Tali risorse, formazioni e politiche dovrebbero essere riviste ciclicamente. Anche una maggiore sensibilizzazione ai traumi ed ai loro effetti è una competenza chiave che aiuterà gli educatori a capire l'esperienza di tutte le vittime di crimini d'odio.
145. Anche gli istituti di terzo livello dovrebbero essere consapevoli delle responsabilità in materia di promozione della diversità e dell'inclusione. I moduli obbligatori dovrebbero essere messi a disposizione di tutti gli studenti, per integrare e promuovere la diversità e l'inclusione nel campus e nella società.
146. Oltre a considerare i sistemi educativi come uno strumento chiave per prevenire e affrontare l'odio, i sistemi educativi possono anche essere un mezzo per fomentare e riprodurre l'odio. Di conseguenza, le misure per evitare che ciò accada dovrebbero essere prese in considerazione a livello nazionale, regionale e istituzionale. Ove possibile, gli insegnanti e gli educatori dovrebbero essere formati per gestire e affrontare i crimini d'odio in un modo che tenga conto dei traumi. Inoltre, la Raccomandazione suggerisce che si potrebbero prevedere ufficiali di collegamento specializzati per fornire supporto ai distretti educativi e per garantire la coerenza in campi quali la denuncia dei crimini d'odio negli istituti scolastici.
147. Le indagini sulle vittimizzazioni dovrebbero essere condotte nei campus di terzo livello per capire la prevalenza dei crimini d'odio, e dovrebbero essere elaborate politiche basate sulla ricerca negli istituti per combattere i pregiudizi e promuovere la diversità e l'inclusione.
Organizzazioni della società civile
Sui paragrafi 64-67
148. Una società civile pienamente finanziata e dotata di risorse è fondamentale per la promozione e la protezione dei diritti degli individui e dei gruppi esposti ai crimini d'odio. Come già osservato nel paragrafo 135, la società civile può anche svolgere un ruolo cruciale nella prevenzione dei crimini d'odio, aiutando le comunità prese di mira a rafforzare la loro resilienza e ad attuare misure proattive per ridurre il rischio che si verifichino crimini d'odio. Gli Stati dovrebbero impegnarsi con la società civile in tutti gli aspetti dell’elaborazione delle politiche statali riguardanti i crimini d'odio e considerare la società civile come un partner inestimabile nella lotta contro l’odio. Per quanto possibile, le organizzazioni della società civile che operano nel settore dei crimini d'odio dovrebbero avere un ruolo formale nello sviluppo delle politiche locali e statali in materia di lotta all'odio. Come indicato nel Principio 8 dei Principi guida fondamentali sulla cooperazione tra le autorità preposte all'applicazione della legge e le organizzazioni della società civile (Commissione UE, 2021), una misura specifica che potrebbe essere adottata è la creazione di gruppi di lavoro nazionali multi-parti, sotto gli auspici di quadri strategici più ampi che includano gli organismi nazionali per la parità, se pertinente, e le organizzazioni della società civile che lavorano con individui a rischio di vittimizzazione per odio.
149. La funzione vitale della società civile ha spesso bisogno di essere salvaguardata e protetta per poter esprimere appieno il proprio potenziale. Ciò è particolarmente importante in un contesto in cui le organizzazioni della società civile possono subire minacce, molestie o recriminazioni a causa del loro lavoro sui crimini d'odio, in quanto possono incontrare ostilità sostenendo gruppi minoritari o difendendo i diritti di gruppi soggetti a discriminazione e odio.
150. Se dotate di risorse adeguate, le organizzazioni della società civile che operano nel settore dei crimini d'odio possono anche aiutare gli Stati nell'adempimento dei loro obblighi, fornendo sostegno alle vittime dei crimini d'odio (paragrafo 64), contribuendo alla formazione degli agenti di polizia sui crimini d'odio (pratica promettente sottolineata dall'ECRI nel suo rapporto di monitoraggio del 6° ciclo sulla Bulgaria) e impegnandosi nel monitoraggio da parte di terzi (paragrafo 120) e nella segnalazione da parte di terzi (paragrafo 119).
151. Le organizzazioni che rappresentano una serie di gruppi di popolazione minacciati dai crimini d'odio avranno spesso un interesse comune nel condividere le esperienze e nel promuovere le loro esigenze e lamentele nei confronti della polizia e delle altre autorità. È ben documentato che la mancanza di fiducia nella polizia è una delle cause principali per cui molti crimini d'odio non vengono denunciati alla polizia. L'istituzione, come raccomandato nel paragrafo 18 della RPG n. 11 dell'ECRI, di forum di coordinamento in cui queste organizzazioni e gruppi possano incontrare i politici, la polizia e altri professionisti della giustizia penale per discutere le loro preoccupazioni è un approccio costruttivo per migliorare le relazioni e lo scambio di opinioni. Tale feedback può aiutare la polizia e altre autorità a migliorare il modo in cui gestiscono i casi di crimini d'odio e le vittime.
152. La Raccomandazione sottolinea inoltre il potenziale di cooperazione nazionale e transfrontaliera tra le organizzazioni della società civile che operano nel settore dei crimini d'odio. Ciò è particolarmente importante per sostenere gli sforzi volti a migliorare le attività della società civile per quanto riguarda i servizi di sostegno alle vittime (paragrafo 64), la raccolta di dati, la segnalazione di terzi (paragrafo 120) e lo sviluppo di piani d'azione e strategie statali (paragrafo 32).
Gli intermediari di internet compresi i fornitori di servizi internet
Sui paragrafi 68-69
153. La Raccomandazione CM/Rec(2022)16 contiene ampie indicazioni e raccomandazioni sul ruolo degli intermediari di Internet, compresi i fornitori di servizi internet, nella lotta all'odio. La presente Raccomandazione e le sue Motivazioni considerano l'odio come un continuum, e quindi riconoscono che le raccomandazioni relative alla lotta contro i discorsi d'odio si applicano ampiamente ai crimini d'odio (cfr. la Convenzione sulla criminalità informatica e il Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica, relativo all’incriminazione di atti di natura razzista e xenofoba commessi tramite mezzi informatici).
154. Gli intermediari di Internet, compresi i fornitori di servizi Internet, dovrebbero sviluppare mezzi che consentano loro di identificare i crimini d'odio commessi o diffusi tramite i loro sistemi ed agire di conseguenza, in linea con la Raccomandazione CM/Rec(2016)3 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui diritti umani e le imprese e con la Raccomandazione CM/Rec(2018)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui ruoli e le responsabilità degli intermediari di Internet. Ove opportuno e nel rispetto degli articoli 8 e 10 della Convenzione, gli intermediari di Internet, compresi i fornitori di servizi Internet, dovrebbero anche cooperare con la polizia e le forze dell'ordine nella lotta ai crimini d'odio, in linea con l'articolo 18 della Convenzione sulla criminalità informatica.
Media e giornalisti
Sul paragrafo 70
155. I giornalistie i servizi dei media possono svolgere un ruolo importante nel diffondere le informazioni sui crimini d'odio a diversi tipi di pubblico. La Raccomandazione ricorda questa funzione, pur sottolineando la necessità di garantire il rispetto dei principi pertinenti di libertà dei media, sulla base di precedenti strumenti del Consiglio d'Europa come la RaccomandazioneCM/Rec(2022)16e la Raccomandazione n.Rec(97)21del Comitato dei Ministri agli Stati membri relativa ai media e alla promozione di una cultura della tolleranza. Inoltre, la Raccomandazione invita gli Stati membri a consentire alla stampa di accedere ragionevolmente alle informazioni pertinenti sui crimini d'odio detenute dalle autorità statali, conformemente alla legislazione nazionale, in particolare quando tali informazioni sono ritenute di interesse pubblico, pur autorizzando alcune restrizioni se necessario.
Cooperazione e coordinamento nazionale
Sui paragrafi 71-72
156. Le strategie nazionali di lotta contro i crimini d'odio, ove esistenti, o le strategie più ampie di lotta contro l'odio, dovrebbero identificare tutti gli attori chiave e le parti interessate coinvolte nella lotta contro i crimini d'odio a tutti i livelli della società. Una strategia efficace di lotta ai crimini d'odio che coinvolga tutta la società dà priorità all'impegno inclusivo delle parti interessate, al dialogo e al coordinamento della società civile, sfruttando le particolari specializzazioni e competenze istituzionali in modo costruttivo. La frammentazione delle politiche e delle pratiche può comportare differenze nel sostegno e nelle risposte forniti alle vittime e, più in generale, nella prevenzione dell'odio. Per evitare tali discrepanze, le strategie dovrebbero essere sviluppate a livello nazionale e poi adottate ed attuate a livello regionale e locale. Molti Paesi europei hanno sviluppato strutture di collaborazione tra più agenzie allo scopo di prevenire e gestire la radicalizzazione violenta o la criminalità (giovanile) in generale. Queste strutture possono essere applicate anche alla gestione dei crimini d'odio o possono servire da modello per lo sviluppo di strutture parallele di gestione dei crimini d'odio. Una struttura parallela dedicata alla gestione dei crimini d'odio potrebbe essere in grado di coinvolgere meglio i rappresentanti e le opinioni dei gruppi colpiti dai crimini d'odio. Si potrebbe anche istituire un gruppo di lavoro regolare per favorire il dialogo e la cooperazione. Il coinvolgimento degli attori della società civile nelle strutture di collaborazione operativa è importante e necessario per la risoluzione di problemi quali la condivisione delle informazioni e la riservatezza, la diversità dei mandati e dei ruoli e, in particolare, la (mancanza di) fiducia.
157. Sebbene le strategie nazionali o regionali possano essere necessarie per migliorare il quadro generale in cui le istituzioni pertinenti lavorano insieme, la Raccomandazione sottolinea anche il ruolo degli accordi di cooperazione e dei protocolli d'intesa come strumento potenziale per migliorare la comprensione e promuovere la cooperazione tra agenzie e istituzioni specifiche. Questi strumenti, conclusi a livello multilaterale o bilaterale, dovrebbero essere presi in considerazione per promuovere approcci e procedure intersettoriali, nonché per armonizzare le lacune individuate nell'affrontare i crimini d'odio, come ad esempio approcci incompatibili in materia di raccolta e comunicazione di dati. Inoltre, questi accordi di cooperazione possono facilitare il controllo collettivo e la supervisione reciproca dell'attuazione delle politiche e delle pratiche in materia di crimini d'odio, ad esempio se stipulati tra organismi governativi e istituzioni nazionali di difesa dei diritti umani.
Cooperazione e coordinamento internazionale
Sui paragrafi 73-75
158. La Raccomandazione riconosce che la cooperazione ed il coordinamento internazionale tra gli Stati membri sono una componente essenziale degli sforzi contemporanei per combattere i crimini d'odio, dal momento che i crimini d'odio possono essere commessi o avere effetti al di là delle frontiere e che tutti gli Stati possono svolgere un ruolo nel rafforzare reciprocamente gli sforzi per prevenire e reprimere questo fenomeno.
159. I crimini d'odio sono un problema che riguarda in qualche misura tutti gli Stati membri. L'odio e l'estremismo non conoscono confini e l’assenza di giurisdizione di Internet ha permesso alle narrative e alle ideologie dell'odio di circolare in tutti gli Stati membri. I gruppi e le reti online sono diventati il mezzo principale con cui alcuni movimenti estremisti violenti entrano in contatto con altri, reclutano nuovi membri e ispirano ulteriori attacchi. Se da un lato esiste un'architettura internazionale sempre più sofisticata per affrontare crimini come l'estremismo violento propizio al terrorismo, dall'altro esistono sistemi meno solidi per facilitare la cooperazione e il coordinamento sui crimini d'odio che si situano al di sotto di questa soglia. Per questo motivo, la Raccomandazione invita a intensificare la cooperazione e lo scambio di informazioni al fine di ideare misure dissuasive e deterrenti a livello internazionale. Lo scambio e l'apprendimento di buone pratiche attuate da altri Stati membri in questo settore, come le strategie contro l'estremismo identificate al paragrafo 40, possono aiutare a sviluppare approcci comuni ed efficaci per affrontare i fattori e le cause che portano ai crimini d'odio, tenendo conto anche delle specificità e delle preoccupazioni locali.
160. La Raccomandazione sottolinea inoltre che esiste una solida architettura europea per la cooperazione in materia penale, come la condivisione di prove e informazioni attraverso la mutua assistenza giudiziaria, che può essere essenziale per raccogliere tutte le prove necessarie per indagare e perseguire i reati di odio. Poiché i processi penali si basano sempre più su prove e dati digitali detenuti da società private o server situati in giurisdizioni straniere, anche strumenti come il Secondo protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica sulla cooperazione rafforzata e la divulgazione delle prove elettroniche (STCE n. 224) sono mezzi preziosi per sostenere i procedimenti penali relativi ai crimini d'odio. La mutua assistenza giudiziaria può anche essere fondamentale per sostenere le vittime transfrontaliere di crimini d'odio, in particolare, per esempio, fornendo loro accesso alle informazioni necessarie sui servizi di assistenza alle vittime disponibili nella giurisdizione in cui si è verificato l’episodio e in quella di origine, e sul risarcimento, tra le altre cose.
161. Infine, la Raccomandazione sottolinea il ruolo della cooperazione internazionale e delle iniziative congiunte per combattere i crimini d'odio al di là delle frontiere. La Raccomandazione sottolinea in particolare la necessità di migliorare la compatibilità e l'interoperabilità dei dati e delle informazioni raccolte sui crimini d'odio. Sebbene possa accadere che la piena armonizzazione di alcuni dati non sia possibile a causa di specifiche disposizioni legislative o competenze istituzionali in alcuni Stati membri, la mancanza di una raccolta armonizzata di dati è da tempo riconosciuta come uno dei principali ostacoli alla piena comprensione della prevalenza e dell’entità dei crimini d'odio in Europa ed è urgente e necessario proseguire gli sforzi di armonizzazione di questi approcci.