14a SESSIONE

SESSIONE PRIMAVERILE
Malaga, 13-14 marzo 2008

Cambiamenti climatici: rafforzare la capacità di adattamento dei poteri locali e regionali

Risoluzione 248 (2008)[1]

1. I cambiamenti climatici osservati fino ad oggi sono ancora relativamente ridotti, rispetto a quelli temuti dalla comunità scientifica per il 21° secolo. Il Gruppo intergovernativo di esperti sull’evoluzione del clima (GIEC), che ha ricevuto nel 2007 il premio Nobel della pace, nel suo quarto rapporto di sintesi sui cambiamenti climatici mette in guardia sulle conseguenze che potrebbero  essere repentine e irreversibili.

2. Il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa è profondamente preoccupato dall’ormai inevitabile cambiamento climatico e ribadisce, di fronte all’intensità e alla crescente frequenza dei fenomeni meteorologici, la necessità di prendere d’ora innanzi in considerazione delle misure di adattamento, in quanto complemento indispensabile alle azioni già avviate di mitigazione e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

3. Occorre evitare le conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici e, al riguardo, il Congresso constata che gli effetti dei fenomeni climatici rivelano più particolarmente la nostra vulnerabilità a livello locale e regionale. Per questo, esorta ad agire senza indugi, tramite iniziative risolute, coordinate dall’insieme dei decisori a tutti i livelli.

4. La volontà politica è essenziale e il Congresso ritiene che le collettività territoriali abbiano un ruolo da svolgere, in materia di azioni, sensibilizzazione e prevenzione dei rischi legati ai cambiamenti climatici. È persuaso che gli eletti locali e regionali abbiano il dovere di anticipare gli sconvolgimenti annunciati e di prendere le decisioni adeguate.

5. Le politiche climatiche territoriali stanno assumendo una crescente importanza, grazie a politiche volontaristiche (piani climatici locali, bilancio del carbonio, ecc...) che meritano di essere sottolineate. L’emergere della dimensione dell’adattamento ai cambiamenti climatici è tuttavia più recente. È da notare la maggiore tendenza a inserire nei programmi politici la questione dell’adattamento del territorio, per quelle regioni direttamente confrontate agli impatti degli sconvolgimenti climatici.

6. Il Congresso è convinto che l’adattamento debba essere visto come un’attività di gestione delle vulnerabilità locali e territoriali causate dai cambiamenti climatici. Spesso questi ultimi non creano fenomeni assolutamente nuovi, ma aumentano le difficoltà dei problemi esistenti. Le autorità locali e regionali dispongono al riguardo, nei loro settori di attività, di una vasta esperienza di adattamento alla variabilità climatica in un clima stabile. Talvolta è sufficiente ravvivare ricordi spesso già integrati nelle esperienze e nelle competenze per attuare politiche e misure adeguate di adattamento.


7. La presa in considerazione degli effetti del cambiamento climatico richiede di rinnovare le prassi in settori quali la pianificazione del territorio, l’urbanistica, i trasporti e la mobilità, la produzione e il consumo energetico, la gestione delle risorse, lo smaltimento dei rifiuti, l’agricoltura, le foreste. Fermo restando il fatto che l’azione pubblica in campo climatico è condizionata dalla ripartizione delle competenze, è però vero che la portata del fenomeno obbliga i decisori locali a innovare, oltrepassando i limiti delle competenze e delle frontiere settoriali, a costituire dei partenariati esterni e a introdurre una nuova cultura del rischio in seno alle loro amministrazioni.

8. A tale proposito, sebbene spesso non esistano né direttive, né quadri di riferimento nazionali o internazionali, è essenziale favorire la condivisione delle conoscenze e lo scambio di esperienze, che assicurino un flusso libero di pratiche, idee e sperimentazioni. Il Congresso è fortemente convinto che la competenza territoriale costituisca una base importante per l’elaborazione e  l’efficacia di politiche nazionali di adattamento.

9. Il Congresso ritiene altresì essenziale l’azione diplomatica degli enti territoriali, esercitata nell’ambito della loro missione di divulgare e di condividere la conoscenza e le buone pratiche. Invita le autorità locali e regionali a impegnarsi in cooperazioni con i loro omologhi dei paesi meno sviluppati industrialmente, che sono anche più vulnerabili al cambiamento climatico, integrando l’adattamento ai cambiamenti climatici nei loro programmi di scambi.

10. Alla luce delle riflessioni sopraccitate, il Congresso invita gli enti locali e regionali degli Stati membri e osservatori del Consiglio d’Europa a:

a. definire delle strategie climatiche che, accanto a politiche di mitigazione, pongano l’accento sull’adattamento e garantiscano la protezione dei cittadini, delle risorse e dei beni, di fronte agli impatti dei cambiamenti climatici;

b. attuare un approccio integrato per una migliore sostenibilità interna ed esterna, in particolare per l’erogazione di servizi e la protezione delle infrastrutture, degli edifici e delle risorse;

c. istituire dei piani di gestione delle catastrofi e dei dispositivi di solidarietà tra i territori, con una nuova impostazione dei rischi e della gestione delle crisi, che tenga conto delle disuguaglianze sociali e spaziali di fronte alle minacce particolari provocate dai cambiamenti climatici;

d. riqualificare le politiche settoriali già messe in opera, per esempio quelle in materia di assetto territoriale e di urbanistica, abbinandovi delle misure di adattamento;

e. rafforzare il loro ruolo di animazione e di coordinamento e favorire un approccio partenariale per fare emergere una dinamica territoriale e un impegno individuale dei cittadini;

f. istituire, al livello più vicino all’esecutivo, una struttura trasversale con la missione di intervenire a monte delle politiche, attuare un piano d’azione di “adattamento” e creare una nuova cultura degli interventi;

g. rafforzare la loro capacità di garantire un “monitoraggio ecologico” grazie a vari mezzi, in particolare i sistemi informativi locali o geografici, destinati a favorire una migliore valutazione delle vulnerabilità e la produzione di informazioni condivise;

h. portare avanti qualsiasi attività di formazione, di sensibilizzazione ed educazione del vasto pubblico, atta a incoraggiare un cambiamento radicale delle mentalità e dei comportamenti;

i. organizzare delle cooperazioni e dei partenariati con i poteri locali e regionali dei paesi in via di sviluppo, per aiutarli a predisporre delle politiche di adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

11. Il Congresso chiede alla propria Commissione dello sviluppo sostenibile:

a. di approfondire e sviluppare delle attività relative ai rischi climatici e, in base ai precedenti lavori sulle calamità naturali, di elaborare una guida per l’adattamento ai rischi climatici, per una nuova cultura del rischio, in collaborazione con l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e con l’Accordo Parziale Eur-Opa Grandi rischi;

b. di proseguire la cooperazione con l’omologa commissione in seno al Comitato delle regioni e con le associazioni e le reti di enti territoriali, per favorire lo scambio di esperienze sull’adattamento, e fare in modo che tale orientamento politico sia chiaramente integrato nelle politiche nazionali e internazionali relative ai cambiamenti climatici.



[1] Discussa e adottata dalla Commissione permanente del Congresso il 13 marzo 2008 (ved. Documento CG(14)33RES, progetto di risoluzione presentata da I. Franzen, Germania (R, SOC) e S. Orlova, Federazione di Russia (R, PPE/DC), relatori).